La terra della Rivoluzione d’Ottobre: un paese di donne in cammino verso l’emancipazione. Settima parte: La rivoluzione di ottobre è stata anche la rivoluzione delle donne musulmane

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Sesta parte dell’articolo della compagna Armağan Tulunay pubblicato su World Revolution no.1

Considerando la Russia in generale, le donne che vivevano in società definite “i Popoli dell’Est”, si trovavano nelle circostanze più difficili, soprattutto a causa delle pressioni e delle tradizioni religiose precedenti la rivoluzione. L’obiettivo, prima della rivoluzione, era quello di rendere vivibile la vita di queste donne, per far sì che smettessero di essere donne in attesa di essere salvate, e ciò divenne il tema di questa lotta. I diritti riconosciuti a tutte le donne dopo la Rivoluzione d’Ottobre erano validi anche per le donne che vivevano in quelle terre, anche se le donne che vivevano in Oriente non erano nemmeno consapevoli di avere dei diritti. Lo Stato operaio ha fatto un salto in avanti per specificare il contenuto e la forma del lavoro per queste donne. Nel 1921 fu concordata “L’assemblea delle donne comuniste e organizzatrici dell’Est” con la partecipazione delle donne della regione che avrebbero continuato ad organizzare l’attività. Alla conferenza, in cui erano rappresentate le province formate da Tatarstan, Bashkir, Turkistan, Azerbaijan, Crimea, Kirghizistan, Caucaso, Siberia, Turk e altri popoli di montagna, si riunirono 45 organizzatrici dello Zhenodtel, istituito qualche tempo prima che questa assemblea iniziasse le sue attività nella regione. Purtroppo, le donne comuniste pagarono con la loro vita il prezzo dell’apprendimento delle condizioni in cui si trovava la regione e di come l’organizzazione dell’attività andasse svolta. Tra il 1918 e il 1919, centinaia di donne che venivano dall’ovest della Russia per svolgere l’attività in queste regioni furono uccise a causa delle provocazioni dei mullah di queste regioni. Il passaggio di una lettera di un’organizzatrice dello Zhenodtel spiega in modo sorprendente le difficoltà che le donne hanno dovuto affrontare, ma anche la loro determinazione: <<Un pomeriggio siamo andati ad Aul, un piccolo villaggio nei dintorni di Poltorazk. Io, una studentessa dell’Università dell’Est e una donna della milizia. Siamo andate direttamente alla casa del mukhtar, c’erano tre uomini. Stavano bevendo il tè. Dopo che il mukhtar ha sentito quello che avevamo da dire, ha affermato: “Non potete incontrare le nostre donne, i loro mariti non glielo permetteranno”. Nel frattempo, però, uno degli uomini facendo lui l’occhiolino gli ha detto in lingua turkmena: “Non rimandatele indietro, potrebbero tornarci utili stasera”. Capivo molto bene la lingua dei turkmeni, ma ho fatto finta di non capire. Così siam rimaste di guardia per tutta la notte, con le armi in mano. Il mukhtar, che ha notato la nostra testardaggine e la nostra capacità di proteggerci, ha poi cambiato idea e il giorno dopo ci ha permesso di incontrare le donne>>.

Le donne che non lasciarono le loro case, che non andarono al mercato per non incrociare gli uomini, ovviamente non parteciparono agli incontri che lo Zhenodtel organizzò. Così, si iniziò a sperimentare diversi metodi. Vennero fondati dei club per donne. Per facilitare la loro partecipazione, agli uomini era severamente vietato l’ingresso. Tuttavia, le donne sotto il chador – la cui identità non poteva essere conosciuta – aspettavano fuori la porta di questi club, guardandosi intorno per paura che qualcuno potesse vederle. Per raggiungere quelle donne, le attiviste dello Zhenodtel hanno persino gestito negozi in queste regioni: in questi negozi lavoravano solo donne, i manifesti con avviso “agli uomini non è permesso entrare” erano appesi alle vetrine dei negozi, e quando una donna entrava in negozio per comprare qualcosa, le donne comuniste cercavano di ispirarle fiducia parlando con lei. Le attività svolte in Oriente hanno avuto come obiettivo principale quello di informare le donne sulle nuove leggi e sui nuovi diritti di cui avrebbero goduto. Oltre a ciò, vennero istituiti corsi di alfabetizzazione, servizi sanitari e varie attività socio-culturali. A differenza del resto del Paese, in Oriente garantire la partecipazione delle donne alla forza lavoro, quindi permettere alle donne di accedere alla formazione professionale richiedeva una lotta molto più difficile e lunga. Le richieste più gettonate da parte delle donne riguardavano il divieto agli uomini di sposare donne molto giovani, la poligamia (in questo caso la possibilità per un uomo di sposare più di una donna) e la ricchezza della sposa [dote]. Le donne furono costrette ad accettare la poligamia a causa delle difficoltà economiche che dovevano affrontare; inoltre ci è voluto del tempo per rompere le tradizioni e la partecipazione delle donne alla forza lavoro era molto limitata. Chi chiedeva o pagava la dote veniva punito, oltre ad essere pubblicamente esposto sui giornali. Inoltre, con l’espansione delle attività dello Zhenodtel e con il miglioramento dei suoi effetti, le donne cominciarono a prendere coscienza dei loro diritti e, anche se lentamente, ad esercitarli. Rivendicarono il loro diritto al divorzio opponendosi ai mariti che le picchiavano e sfruttavano la poligamia. Vennero fatti dei grandi progressi nel campo dell’alfabetizzazione. Fecero molta strada nella rivendicazione dei loro diritti politici, colmando rapidamente il divario. Nel 1924-25, il 27% delle donne partecipò alle elezioni sovietiche della città. Nel 1920 solo il 2% dei delegati eletti al Congresso dei sovietici erano donne, ma nel 1931 questa percentuale salì al 23,2%. Uno dei temi importanti della battaglia in Oriente riguardava la lotta contro il chador e il velo. Si affrontava la questione con grande attenzione e rigore, considerando che la lotta delle donne comuniste contro il velo attraverso il divieto non avrebbe prodotto risultati, anzi avrebbe ostacolato il suo progresso. L’approccio al tema viene espresso al meglio dalle parole di Lenin: “Dobbiamo essere estremamente prudenti nel combattere i pregiudizi religiosi; alcuni hanno causato molti danni in questa lotta offendendo i sentimenti religiosi. Dobbiamo usare la propaganda e l’educazione. Risultando troppo sprezzanti nella lotta possiamo solo alimentare il risentimento popolare; tali metodi di lotta tendono a perpetuare la divisione delle persone secondo le linee religiose, mentre la nostra forza sta nell’unità”.

Con questa prospettiva lo Zhenodtel lottò contro il chador e il velo come tradizione che non rispettava la dignità delle donne, danneggiava la loro salute. Le donne non potevano lavorare nelle fabbriche perché indossavano il chador, quindi non potevano esercitare i loro diritti contro i mariti in quanto non possedevano alcun potere economico e, anche se credevano di indossare o erano costrette a indossare il chador o il velo a causa delle loro credenze religiose, dovevano esser consapevoli che indossare il velo non era scritto nel Corano: questa tradizione è stata adottata in seguito.

L’8 marzo 1926, con lo slogan “Abbasso il burqa e la paranja“, fu una giornata storica per le lavoratrici dell’Est.  Una donna che partecipò alla protesta racconta così quel giorno: “Oggi, migliaia, decine di migliaia, di donne hanno attraversato le strade dell’Asia centrale – Samarcanda, Bukara, Tachkent, Kokand, ecc. – con i loro burqa e paranja – e i loro preparativi sono iniziati diversi mesi fa – come una valanga enorme e pericolosa. Ma sopra questa folla scura e senza meta c’era un mare di bandiere: una protesta contro una tradizione di odio. E nel mezzo di questo agglomerato, proprio come una macchia di fiori rossi in una terra arida e appannata, un gruppo di donne cammina con i volti liberi, rossi e ovattati, e con passo deciso: è stato mostrato il coraggio di tracciare un confine con il passato e che non si deve più guardare il cielo dietro una scatola nera! La massa di persone, accompagnata dalla musica, ha preso posto nella piazza decorata con le bandiere, insieme a molti uomini e bambini, e le donne hanno cominciato ad aspettare con trepidante attesa. Poi è iniziata la marcia di massa. Si sono sollevate parole nuove e non convenzionali, affascinanti e incoraggianti, che hanno stimolato la folla in piazza. Parole che hanno creato un’infinita eccitazione nei cuori… E quando non era più possibile placare la tempesta e le grida di ‘Lunga vita’ si diffusero dalle vecchie mura cittadine bastionate fino alla campagna – fu allora che iniziò l’attacco. Qui, là, volavano! Inizialmente tremanti e timide, ma poi con crescente entusiasmo, le donne hanno lanciato come davanti ad un pubblico i simboli della schiavitù – burqa e paranja! Velocemente sono stati raggruppati come una montagna, le donne hanno versato benzina su di loro e improvvisamente hanno cominciato a vedere le fiamme della liberazione dalla terra della tradizione secolare cominciare a salire nel cielo luminoso… Ma di fronte a questo incendio senza precedenti, i cuori di queste donne erano infiammati dalla paura, dalla gioia e dalla vergogna di donne che hanno osato mostrare il volto per la prima volta dalla loro infanzia, donne che erano sopravvissute alla prigione…

Nei giorni precedenti la Rivoluzione d’Ottobre, durante la rivoluzione, e anche nelle fasi iniziali dopo la rivoluzione, le donne in Oriente non facevano parte di questo processo. Ma la Rivoluzione d’Ottobre divenne anche la loro voce e giunsero presto provvedimenti per organizzare la loro liberazione.

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