Biden a Kiev, la minaccia di uno scontro nucleare

Di Jorge Altamira

21/02/2023

Dalla “guerra di logoramento” allo scontro totale.

Tempo di lettura: 5 minuti

Gli uffici di propaganda del governo statunitense si sono impegnati a fondo per evidenziare la presenza di Biden a Kiev, accompagnandola con una buona dose di disinformazione. Lo hanno dipinto come un gesto coraggioso di esporsi nel “teatro di guerra” senza disporre di truppe yankee sul territorio. Tuttavia il governo si è comunque preoccupato di informare il Cremlino del viaggio di Biden onde evitare “un incidente che potrebbe far degenerare la guerra”.

Lo stesso Biden si è preoccupato di chiarire lo scopo della visita improvvisa nella capitale ucraina. Con l’annuncio da parte della NATO di un’offensiva militare russa “imminente” lungo il confine che separa l’est dall’ovest dell’Ucraina, Biden ha affermato che l’intervento militare statunitense nella guerra “durerà il tempo necessario”. È un’espressione copiata alla Banca Centrale Europea quando è dovuta intervenire per salvare le banche e i grandi conglomerati dalla bancarotta.

La stampa a stelle e strisce ha interpretato il viaggio e le dichiarazioni di Biden come una decisione di fornire più munizioni, missili e carri armati di ultima generazione al governo di Zelensky, ed eventualmente jet da combattimento F-16. Il Presidente sta  anche considerando di fornire all’Ucraina missili a lungo raggio, noti come ATACAMS, per attaccare le linee di rifornimento dell’esercito russo (WSJ, 2.22). I funzionari ucraini hanno affermato che l’Ucraina è diventata “un Paese NATO de facto'”. La prospettiva di “una lunga guerra di logoramento”, come concordano la maggior parte della stampa e un numero considerevole di analisti militari, potrebbe non concretizzarsi. L’offensiva della Russia e la preparazione di una controffensiva da parte della NATO nella regione del Donbas, invece, suggeriscono che la guerra potrebbe essere a un punto di svolta. Il Wall Street Journal (29.1.23) osserva che “dietro la decisione di aumentare decisamente gli aiuti occidentali all’Ucraina c’è il timore delle capitali occidentali che il tempo possa essere dalla parte della Russia”. L’Ucraina ha subito perdite intollerabili per le dimensioni del suo esercito. Diversi articoli di giornali hanno accennato alla possibilità che gli Stati Uniti installino proprie truppe nella parte occidentale del Paese. L’autorevole rivista Economist, appassionata di battute e frequente portavoce del Ministero degli Esteri britannico, ha appena prospettato “l’anno prossimo a Mosca” – parafrasando un secolare desiderio religioso ebraico di Gerusalemme. È la stessa aspettativa che Biden ha espresso un anno fa in un discorso a una brigata militare statunitense in Polonia. Un funzionario della sicurezza ucraina ha appena espresso la stessa cosa con parole diverse: l’anno prossimo “i nostri carri armati saranno sulla Piazza Rossa”.

Un segno dell’imminente svolta della guerra è la minaccia rivolta dal Segretario di Stato americano al Ministro degli Esteri cinese, durante la riunione di sicurezza appena conclusasi a Monaco, sulle “conseguenze” della fornitura di “materiale letale” da parte della Cina alla Russia. La Cina si sta preparando a lanciare una “proposta di pace”, vista con disappunto dagli Stati Uniti, soprattutto perché potrebbe ricevere un certo sostegno dai Paesi dell’Unione Europea. Si tratterà di una variante di quanto proposto dall’ex segretario alla Sicurezza Henry Kissinger e persino dall’imprenditore Elon Musk: plebisciti di autodeterminazione nelle province del Donbas, il mantenimento della Crimea da parte della Russia e una Conferenza europea sulla sicurezza. La Cina mira a far sì che questa mozione ottenga una maggioranza (non esecutiva) in seno alle Nazioni Unite. La mozione sarà inequivocabilmente respinta dagli Stati Uniti e dalla maggior parte della NATO. Dopo un anno di massacri e distruzioni, sarebbe considerata un colpo “esistenziale” contro la coalizione politico-militare dell’imperialismo mondiale. Il vicesegretario di Stato americano Victoria Nuland, il più grande “falco” della politica mondiale, ha insistito sul sostegno all’attacco della base navale russa in Ucraina. Appartiene alla legione militarista che chiede di portare la guerra ai limiti del nucleare, altrimenti le armi nucleari non avrebbero il carattere “deterrente” per cui sono state sviluppate.

La guerra in Ucraina è notevolmente onerosa per la NATO e la Russia, e per l’economia mondiale nel suo complesso. I costi che comporta aggravano la crisi di finanziamento delle economie fortemente indebitate. L’industria militare è inadeguata a fornire il tipo di guerra che si sta combattendo in Ucraina, che è in gran parte convenzionale. L’uso quotidiano di munizioni supera la produzione dell’industria; lo stesso vale per altri armamenti, come carri armati e veicoli blindati, perché gli investimenti in armi sono concentrati su prodotti ad alta tecnologia. Il proseguimento della guerra richiede una conversione su larga scala degli equipaggiamenti appropriati, e quindi un’escalation delle altissime spese militari. Una guerra di logoramento prolungata minaccerebbe l’economia degli Stati coinvolti e provocherebbe una spirale di inflazione e crisi sociale. L’epicentro della guerra in Ucraina si sposta sulla conseguente crisi economica e politica e sulla crescita di quella che in alcuni Paesi è già un’ondata di scioperi. È una manifestazione rilevante del carattere globale dell’attuale guerra.

Il governo cinese, come lo stesso Putin, giustifica la sua posizione politica internazionale con l’obiettivo di eliminare l'”unipolarismo” internazionale e costruire un mondo “multipolare”. Essi caratterizzano correttamente gli Stati Uniti come una potenza in declino, come anche Donald Trump e una parte significativa della destra americana. Il peso finanziario e militare degli Stati Uniti è in contraddizione con il declino del loro peso economico internazionale e con la diminuzione della crescita della produttività del lavoro. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sarebbe finalizzata all’instaurazione di un’organizzazione politica internazionale “multipolare”, come sarebbe stata quella dell’Europa tra la caduta dell’impero napoleonico e la Prima guerra mondiale, per alcuni, o tra l’unificazione della Germania nel 1870 e la Prima guerra mondiale per altri. Si tratta chiaramente di un’illusione: la tendenza del capitale alla concentrazione e al monopolio si traduce in politica mondiale nella tendenza all’egemonia, che gli Stati Uniti esercitano da tempo. Il “declino americano” non attenua l’unipolarismo, ma inasprisce gli antagonismi internazionali e la guerra. Come per l’ascesa globale degli Stati Uniti, l’ipotetica ascesa di un nuovo imperialismo produrrà decenni di guerre ancora più estese, con un certo rischio nucleare. L'”ordine multipolare” contraddice le leggi immanenti del capitale, è solo un’espressione delle contraddizioni inconciliabili del sistema imperialista.

La grande paura della NATO, della Russia e della Cina è la rivolta popolare e la rivoluzione sociale che sta tornando all’ordine del giorno internazionale come conseguenza delle bancarotte economiche e delle guerre.

Testo originale: https://politicaobrera.com/8876-biden-en-kiev-la-amenaza-de-un-choque-nuclear

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