Cile: un dibattito sul referendum del 4 settembre

L’onda lunga delle mastodontiche proteste avvenute in Cile tra il 2019 e il 2020 vivrà una nuova pagina domenica, quando sarà oggetto di consultazione referendaria la proposta di nuova Costituzione.
La maggioranza delle sinistre sedicenti rivoluzionarie, compreso parte del trotskismo, e ovviamente la totalità delle sinistre riformiste, di movimento e staliniste (scodinzolanti nei confronti del partito che si è distinto sin dall’Ottobre 2019 per il suo ruolo controrivoluzionario e per la difesa della collaborazione di classe, il Partito Comunista Cileno), ammaliate, senza alcun dato di realtà, dalla figura del nuovo presidente Boric, hanno subito fatto appello acriticamente a un voto favorevole.
Noi abbiamo avviato un percorso di discussione e approfondimento sulla sostanza e sugli aspetti materiali e politici di tale plebiscito insieme naturalmente prima di tutto ai nostri compagni cileni, di cui abbiamo già pubblicato il seguente articolo:
https://prospettivaoperaia.org/2022/07/31/laggravarsi-della-crisi-che-annuncia-il-plebiscito/
Proponiamo adesso altri due articoli, dei nostri compagni argentini, augurandoci di fornire un contributo serio al dibattito.
Buona lettura!

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La svalutazione dei salari in Cile e la svalutazione della nuova costituzione

Di Javiera Sarraz

14/07/2022

Il Cile ha appena superato il record di inflazione degli ultimi ventotto anni. I prezzi hanno accumulato il 12,5% negli ultimi 12 mesi e il Rapporto sulle finanze pubbliche prevede un picco inflazionistico per l’ultimo trimestre del 2022. Anche il dollaro ha battuto dei record, superando i 1.000 pesos cileni (CLP). Tradizionalmente, il dollaro era rimasto al di sotto dei 700 CL$ nel paese.

In Cile né i salari né le pensioni sono adeguati all’inflazione. Il salario minimo è di 380.000 CL$, circa 375 dollari ad oggi. Le condizioni per la contrattazione sindacale sui salari sono molto limitate sia dalla responsabilità delle burocrazie sindacali sia dal livello di atomizzazione dei sindacati. La dittatura di Pinochet ha regolamentato i sindacati per azienda e non per ramo produttivo.

Il crollo delle condizioni di vita della classe operaia cilena è brutale. I principali prodotti colpiti dall’inflazione e dalla svalutazione del peso cileno sono soprattutto quelli del paniere alimentare di base, poiché 2 prodotti alimentari su 3 sono importati. Anche il petrolio e i costi di circolazione dei prodotti sono aumentati, dato che quasi tutto il carburante viene importato.

Uno degli aumenti più controversi tra la popolazione (e non particolarmente nutriente, tra l’altro) è il prezzo del pane. Il pane è uno dei principali alimenti della dieta quotidiana della classe operaia cilena, che fa del paese il principale consumatore del continente. A maggio, con l’aumento del prezzo del grano, il pane ha raggiunto i 2,4 dollari al chilo; e sebbene il prezzo del grano sia ora diminuito, il prezzo del pane rimane vicino ai 2 dollari.

Sebbene molte indagini ufficiali tendano a determinare la soglia di povertà o di estrema povertà in termini di potere d’acquisto del paniere alimentare di base, questa relazione è fuorviante. Il paniere, segnaliamo, comprende solo gli alimenti, ed esclude il resto dei consumi e delle spese di una famiglia media cilena che lavora (4,4 persone): non include l’affitto (680 dollari nell’area di Santiago); i mutui; l’elettricità (30 dollari); l’acqua (12 dollari); il gas (50 dollari); i trasporti (0,8 dollari per biglietto); le medicine e altri servizi. A questo si aggiungono i costi delle rette scolastiche, delle tasse universitarie e dei servizi sanitari che, ricordiamolo, sono privatizzati.

Non esistono dati seri sul numero di uomini e donne cileni che vivono al di sotto della soglia di povertà. Nel marzo di quest’anno, il Ministero dello Sviluppo Sociale ha fissato la soglia di povertà a 194.488 CL$ per famiglia media, ovvero 54.101 CL$ a persona (53,4 dollari). Ma il paniere alimentare di base per famiglia è di 238.000 dollari. Un caso insolito in cui chi non riesce a comprare abbastanza cibo per vivere non viene considerato povero.

L’aumento del salario minimo annunciato da Boric, che sarà attuato gradualmente, sarà di gran lunga inferiore all’inflazione accumulata e prevista. Si tratta di un “aumento” senza alcun valore reale.

Ecco perché le misure annunciate da Gabriel Boric per contrastare la povertà sono inutili. Il pacchetto annunciato, che comprende una IFE sul lavoro, un sussidio all’occupazione e un bonus invernale una tantum di 122.000 CL$ (118 dollari), non ha alcun valore. È prevedibile che l’accesso a questi benefici sarà limitato, poiché i requisiti contemplano i determinanti della povertà stabiliti dal Ministero dello Sviluppo Sociale.

La svalutazione della “Nuova Costituzione”.

La crisi sociale ha colpito politicamente il governo di Boric, e a ciò si aggiungono le scarse aspettative che la popolazione nutre nei confronti della nuova Costituzione, elaborata dalla Convenzione costituzionale e che sarà sottoposta a plebiscito il 4 settembre.

Secondo il sondaggio ufficiale del CADEM, la percentuale di elettori che voteranno contro la nuova Costituzione è vicina al 60%. Alcuni sostenitori della nuova Costituzione durante il primo plebiscito, secondo i sondaggi, ritengono di rifiutarla perché il nuovo testo costituzionale non risolve i principali problemi sociali per i quali sono stati colpiti (fine degli AFP; aumento dei salari e dei diritti del lavoro; alloggio; sicurezza; salute e istruzione). La nuova Costituzione non soddisfa nemmeno le richieste di restituzione della terra per il popolo Mapuche, che rappresenta un fattore permanente di conflitto politico per il governo. L’ex presidente della Convenzione, la mapuche Elisa Loncón, ha cercato di chiarire ai media che con la nuova Costituzione “l’esproprio sarà fatto quando la persona vuole vendere, e se non lo fa, la Costituzione rispetta la proprietà privata”. Un grossolano insulto al sentire comune della popolazione.

Ammesso che la nuova Costituzione venga approvata, essa è ben lontana dal soddisfare le richieste sociali che hanno dato il via alla ribellione popolare del 2019 e dal risolvere la miseria sociale che le famiglie lavoratrici cilene stanno vivendo a causa dell’inflazione, della disoccupazione, dei prezzi elevati e della crisi economica e politica mondiale.

Gli speculatori finanziari stanno approfittando del crollo e hanno iniziato a investire in assicurazioni contro le insolvenze, che hanno registrato la maggiore crescita sui mercati dall’inizio della pandemia.

I lavoratori e le lavoratrici, da parte loro, reagiranno presto al deterioramento della qualità della vita delle loro famiglie e alla truffa politica del processo costituente. Tutta l’America Latina, a partire dall’Ecuador e da Panama, ne ha già preso atto.

Testo originale: https://politicaobrera.com/7446-la-devaluacion-de-los-salarios-en-chile-y-la-devaluacion-de-la-nueva-constitucion

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Cile: il diritto di sciopero e la nuova Costituzione

Di Joaquín Antúnez

17/08/2022

La nuova Costituzione cilena, che sarà sottoposta a un plebiscito per l’approvazione il prossimo 4 settembre, ha incluso diversi articoli che fanno riferimento al diritto di sciopero. Nell’attuale Costituzione, redatta dal regime di Pinochet, il diritto di sciopero è severamente vietato.

La nuova Costituzione fa riferimento al diritto di sciopero in diversi paragrafi. Nella sezione 277, ad esempio, dichiara lo sciopero un “diritto fondamentale”, parte integrante della “libertà sindacale”, sia per i lavoratori del settore pubblico sia per quelli del settore privato. Ma come in tutti i testi costituzionali moderni, diciamo dalla Rivoluzione francese in poi, l’enunciazione generale della “libertà” è seguita da commenti che la limitano fino a soffocarla. Questo è quanto emerge chiaramente da un commento elogiativo, sul nuovo progetto, del professore universitario Sergio Gamonal, che ha alle spalle una lunga carriera dedicata allo studio comparato del diritto del lavoro in Europa, Stati Uniti e America Latina. “Entrambi i paragrafi 86 e 89 fanno riferimento all’impossibilità di ricorrere ad azioni di sciopero da parte delle Forze Armate e della Polizia. Il paragrafo 26 cita espressamente il diritto di sciopero tra le materie che possono essere regolate dal legislatore” (El Mostrador, 26/5). L’autore aggiunge, tra queste “norme”, il fatto che “la legge può stabilire solo limitazioni eccezionali agli scioperi per occuparsi di servizi essenziali che potrebbero pregiudicare la vita, la salute o la sicurezza della popolazione”. Ma le “limitazioni eccezionali” diventano presto permanenti. I servizi dichiarati “essenziali” implicano presidi e servizi minimi, il che significa un’oggettiva limitazione dell’esercizio del diritto di sciopero. La maggior parte delle costituzioni borghesi incorpora il diritto di sciopero per regolamentarlo, limitarlo e, se necessario, semplicemente negarlo, invocando circostanze eccezionali e “diritti essenziali”, sanciti in altri articoli dello stesso testo. Ad esempio, uno sciopero dei trasporti “viola” il diritto alla mobilità; uno sciopero degli insegnanti contraddice il diritto del bambino all’istruzione, e così via. Il testo costituzionale sancisce l’arbitrarietà dello Stato capitalista, in modo tale da mettere a rischio il diritto di sciopero. Per questo motivo, per l’autore, queste clausole collocano il Cile nel “primo mondo”, poiché allinea la legislazione alle valutazioni dell’ILO [1] e alle leggi in vigore in Europa o negli Stati Uniti, anziché al superato – e inapplicabile, dopo la rivoluzione del 2019 – divieto di origine pinochettista. Gamonal, dopo aver “rassicurato” i suoi lettori che l’esercizio del diritto di sciopero non sarà illimitato, aggiunge che, se necessario, qualsiasi regolamentazione eccessiva può essere denunciata alla magistratura, come se l’arbitrato dei tribunali fosse una garanzia per i lavoratori e non il contrario. Inoltre, la nuova costituzione “riconosce” il diritto di sciopero del lavoratore, ma anche il “diritto” del padrone di non pagare la giornata non lavorata. Pertanto, ai padroni è riservato uno strumento fondamentale per interrompere lo sciopero affamando i propri lavoratori. In tal caso, la magistratura avallerà questa “armonia” tra il diritto dello sfruttatore e dello sfruttato a favore dello sfruttatore, invocando l’interesse della società nel suo complesso.

Il nuovo regolamento viene presentato come un’estensione dei diritti dei lavoratori, ma la consacrazione costituzionale del diritto di sciopero implica la sua irreggimentazione. Gamonal ammette che questa iscrizione del diritto di sciopero viene fatta per promuovere la “pace sociale”, cioè questo diritto è una merce di scambio per mantenere invariata tutta la legislazione del lavoro esistente.

Il divieto di sciopero ereditato dalla Costituzione del 1980, naturalmente, non ha impedito ai lavoratori di sviluppare intense lotte contro i padroni e lo Stato, anche sotto il regime assassino di Pinochet, come durante lo sciopero generale del 1986 e il recente sciopero dei minatori della Codelco dello scorso giugno. L’elenco potrebbe continuare a lungo, dimostrando che la nuova Costituzione non sancisce nulla. I lavoratori hanno fatto ricorso allo sciopero a prescindere dalle storture della legislazione vigente.

Noi marxisti siamo stati i nemici giurati di qualsiasi irreggimentazione dell’azione di sciopero attraverso la sua introduzione come “diritto”. Ogni volta che questo è accaduto è sempre stato usato contro i lavoratori e la loro organizzazione rivoluzionaria.

[1] International Labour Organization

Testo originale: https://politicaobrera.com/7702-chile-el-derecho-a-huelga-y-la-nueva-constitucion

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