SUMAR, ultimo atto della caduta del PCE

Pubblichiamo di seguito un articolo dei compagni spagnoli del Grupo Indipendencia Obrera che denuncia la parabola finale del Partito Comunista de Espana, nonché la crisi di Unidas Podemos.
In un periodo elettorale di affannosa ricerca di una sinistra riformista di movimento e di raggruppamento di tutto ciò che naviga vagamente a sinistra del Partito Democratico, è sempre importante mostrare la realtà dei fatti, oltre le vuote elucubrazioni della compagneria.
È importante mostrare la realtà di un PCE (riferimento dei residui post-stalinisti), del suo raggruppamento politico allargato Izquierda Unida (riferimento di quel che resta di Rifondazione comunista e anche di qualche compagine trotskista come quella che qui prova a fare la voce indipendente, la Tendenza Marxista Internazionale) e del raggruppamento politico ancor più allargato Unidas Podemos (riferimento del leaderino De Magistris, Potere al Popolo e quel che resta del Segretario Unificato Quarta Internazionale), il quale guida insieme al PSOE un governo imperialista, che gestisce gli affari della borghesia spagnola, che prepara il terreno per ritorno della destra, dei popolari e dei postfranchisti, per l’imminente futuro.

di Grupo Indipendencia Obrera (Spagna)

Il Partito Comunista di Spagna sta accelerando il suo processo di decomposizione. La catena di eventi recenti che rendono evidente questa situazione va dalla presentazione da parte della Ministra del Lavoro Yolanda Díaz del suo progetto elettorale SUMAR [in italiano “sommare”, “unire”, n.d.t.] l’8 luglio, passando per il XXI Congresso del Partito Comunista il 9 e 10 dello stesso mese, e il 20 luglio con il tour di Díaz negli Stati Uniti, durante il quale ha dichiarato, dopo l’incontro con il democratico progressista Bernie Sanders, di essere in sintonia con lui nella stessa misura in cui lo era con il Papa, perché ha con entrambi “agende comuni”. Non ha chiarito se si riferisse rispettivamente alla guerra in Ucraina e alla repressione delle donne.

SUMAR

In questo quadro è rilevante il fatto che il Congresso del PC sia stato rinviato per dare spazio alla presentazione di SUMAR, che si aggiunge al fatto che Yolanda Diaz ha chiesto ai dirigenti del suo partito di non essere presenti alla convocazione della presentazione. Dopo la catastrofe elettorale di Izquierda Unida nelle elezioni regionali del 19 giugno in Andalusia, il rimedio che la Ministra del Lavoro e il PCE hanno trovato per superare questa caduta è la formazione di SUMAR, nella cui costruzione sono stati attenti a diluire ogni contenuto programmatico di sinistra. La loro principale rivendicazione è l’unione senza principi delle “sinistre” parlamentari.

Secondo i media, Yolanda Diaz ha raggiunto la partecipazione di 5000 persone al suo evento di lancio, con la presenza molto pubblicizzata di personalità del mondo della cultura e con il sostegno dell’apparato statale. Questo contrasta con gli eventi e le mobilitazioni non solo del PCE qualche decennio fa, ma più recentemente di Podemos, come le 10.000 persone che hanno partecipato alla manifestazione nella Caja Magica [complesso sportivo multifunzionale che si trova a Madrid] del 2015 o le 12.000 a Siviglia, e molte altre in diverse città. Qualche mese fa, agli eventi per il centenario del PCE, secondo la stampa, hanno partecipato 8.000 persone. Nel frattempo la Ministra Diaz sta facendo campagna elettorale con una visita negli Stati Uniti per incontrare i funzionari dell’amministrazione “progressista” di Biden, come il Segretario del Lavoro Marty Walsh, gli astri nascenti del Partito Democratico e lo storico Bernie Sanders. Il fatto che Washington guidi la NATO e che la guerra in Ucraina metta in luce il ruolo dell’imperialismo statunitense non la preoccupa. Per non parlare della sua affermazione di avere un “programma comune” con Bernie Sanders e Papa Francesco…

Díaz intende costruire un fronte elettorale sfruttando la sua presunta influenza. Ma questa presunta accettazione da parte dell’opinione pubblica non è altro che un miraggio costruito dai media a scapito della sua sistematica capitolazione agli interessi della CEOE (Confederación Española de Organizaciones Empresariales, la Confindustria spagnola, n.d.t.), con la necessaria collaborazione degli apparati sindacali CCOO e UGT, con i quali ha messo in piedi una riforma del lavoro che non è altro che un aggiornamento della legislazione antioperaia spagnola in linea con la crisi del capitale scatenata dalla pandemia e ora rafforzata dalla guerra in Ucraina. Una riforma che è arrivata a sostituire lo slogan elettorale di Unidas Podemos dell’abrogazione di tutte le riforme del lavoro dannose per i lavoratori.

È chiaro che gli ideologi del PCE sono giunti alla conclusione che per conquistare voti è necessario scimmiottare il centro e la destra, relegando ogni appello agli interessi dei lavoratori a favore dei presunti interessi generali della “cittadinanza”. Quando è proprio l’adattamento alla destra, la rinuncia a lottare per gli interessi dei lavoratori, a partecipare attivamente alla lotta di classe, a gettare gli stessi lavoratori, disillusi dal ruolo svolto da Unidas Podemos nel governo di Pedro Sánchez, nelle mani dell’ultradestra.

La lezione di Cadice

Basti ricordare, in questo senso, che durante il massiccio sciopero dei metalmeccanici nella baia di Cadice, nel novembre dello scorso anno, sono state le manovre della burocrazia della CCOO e dell’UGT, in un accordo fatto di notte che ha tradito gli obiettivi dello sciopero dopo 15 giorni di lotta, a far fallire lo sciopero senza una sola assemblea dei lavoratori. Nel frattempo, il ruolo di primo piano del governo di coalizione è stato quello di ordinare la repressione delle mobilitazioni operaie da parte della polizia nazionale con la presenza di carri armati nei quartieri popolari della Baia. Un buon preludio alle elezioni in Andalusia.

La partecipazione di Unidas Podemos al governo del PSOE con l’argomentazione di modificare o rallentare la linea politica socialista e di lottare contro un’ala “neoliberista”, presumibilmente incarnata dai ministri Nadia Calviño e José Luis Escrivá, era in realtà una copertura “di sinistra” per l’attuazione delle riforme antioperaie che in campagna elettorale avevano promesso di abrogare. Non c’è un’ala neoliberista, c’è un governo che ha lavorato giorno e notte contro gli interessi dei lavoratori, come dimostra la riforma della legge sulle pensioni che rafforza la privatizzazione del sistema pubblico.

Izquierda Unida e il PCE hanno una lunga storia di partecipazione ai governi in diverse comunità e consigli comunali, come in Estremadura o in Andalusia, dove IU ha formato una coalizione con il PSOE per governare nel 2013 e “per imperativo legale” il suo rappresentante Diego Valderas ha appoggiato i tagli al bilancio della Junta de Andalucía con il PSOE. Il PCE ha svolto un ruolo decisivo nella transizione dopo la morte di Franco, sostenendo la monarchia e il regime parlamentare in cambio della sua legalizzazione e partecipazione al regime nascente.

Il PCE ha gettato tutto il suo peso politico e sindacale nel movimento operaio per fermare e tradire l’ondata di scioperi e mobilitazioni che aveva messo in scacco il post-franchismo, promuovendo l’accordo con gli apparati sindacali nei Patti della Moncloa del 1978. Lo sviluppo di questa linea interna al parlamentarismo, erede del regime di Franco, ha minato la base operaia e popolare che il PCE aveva costruito durante la dittatura a spese di una lotta interna al sindacalismo verticista tramite le Commissioni Operaie.

Prima di lanciare la loro alleanza elettorale, Yolanda e la sinistra istituzionale hanno affrontato la dura realtà delle elezioni andaluse del 19 giugno con una palese sconfitta. Le menzogne e il pietoso spettacolo della lotta per i seggi e per il denaro nella campagna elettorale della sinistra con candidati sconosciuti e poco carismatici e con l’unico obiettivo di continuare a sostenere il PSOE, hanno reso chiaro, se ancora non lo fosse, che questa sinistra non rappresenta la lotta e le rivendicazioni dei lavoratori, ma il loro contrario. In queste elezioni Yolanda e il PCE hanno avuto un assaggio del nuovo esperimento. Il PCE in Andalusia, che rappresenta la metà di quella nell’intero Stato, ha perso, per la prima volta, la sua intera rappresentanza nel Parlamento andaluso (https://independenciaobrera.org/el-triunfo-del-pp-en-andalucia-espejo-del-descredito-del-gobierno-psoe-up/).

Un congresso di scontri e fratture

Un giorno dopo il lancio di SUMAR, si è tenuto il congresso del PCE, che è il nucleo politico della coalizione di governo e ora di SUMAR, a seguito della virtuale scomparsa di Podemos, una forza politica allo sbando. A differenza dei precedenti congressi, questo era al riparo dalla presenza della stampa e non invitava delegazioni dall’estero. Poiché si è concluso tra insulti, accuse di “pucherazo” [durante la Restaurazione Borbonica si definì “pucherazo” l’alternarsi pattuito tra il Partito Liberale e il partito Conservatore con la falsificazione del risultato elettorale, n.d.t.] e persino attacchi fisici, con il ritiro dell’UJCE (il gruppo giovanile) e di numerose delegazioni regionali, si può supporre che la schermatura sia stata fatta per limitare i “danni collaterali”. Il congresso ha riproposto Enrique Santiago come segretario generale, ovvero la linea ufficiale, fortemente contestata in molte regioni. Le future mobilitazioni dei lavoratori porteranno con sé questa leadership.

Colpisce che Yolanda Díaz, più volte citata da Enrique Santiago nel suo discorso, non si sia presentata al congresso e che Alberto Garzón l’abbia fatto di sfuggita… Questi sono i due ministri del PCE nella coalizione di governo! Nonostante la blindatura che la dirigenza ha cercato di mettere in piedi, il XXI Congresso mette a nudo la crisi del PCE, una crisi che lungi dall’essere chiusa si aggraverà. Il PCE ha smesso da tempo di rappresentare gli interessi dei lavoratori e, come il suo partner Podemos, sta affrontando una crisi terminale e nessuna delle fazioni in competizione rappresenta una via d’uscita, né potrebbe farlo. Il PCE e Podemos cercano di sopravvivere a spese dell’apparato statale della borghesia, intromettendosi nel parlamentarismo borghese ereditato dal regime di Franco, parlamentarismo al quale sono inestricabilmente legati. Questa collaborazione fa parte del DNA di entrambe le formazioni.

PCE, sulla via dell’estinzione

Il PCE era atteso dallo stesso destino delle sue organizzazioni sorelle, come in Italia, in Francia e in altri paesi: la scomparsa, ma non prima di aver compiuto i suoi ultimi sforzi per sostenere il capitalismo. Nessuna pressione o frazione è riuscita a cambiare questo corso. Dopo la caduta dell’URSS, i partiti comunisti di tutto il mondo sono rimasti senza il riferimento allo Stato sovietico come asse centrale della loro politica, poiché il regime burocratico stalinista, che si era appropriato della rivoluzione operaia, aveva sciolto la lll Internazionale nel 1943. Dopo la caduta dell’URSS, i vari PC del mondo sono diventati agenzie delle borghesie nazionali. Hanno perso l’ancoraggio allo Stato operaio degenerato e si sono trovati al crocevia di parassitare i regimi delle borghesie dei propri Paesi di cui sono tributari.

Oggi vediamo che il Partito Comunista di Russia sostiene Putin mentre il PCE sostiene la NATO, e questo accade anche in altri Paesi. La guerra in Ucraina è un altro fattore che ha accelerato la crisi del PCE, che era solito innalzare vessilli contro la NATO. Oggi non solo sostiene la NATO, ma fa parte del governo che entra in guerra e aumenta il bilancio militare del Paese al 2% del PIL mentre taglia la spesa sociale, prepara un patto sui redditi contro i lavoratori e scarica su di essi un’inflazione che ha già mangiato una fetta del reddito dei pensionati e dei lavoratori attivi.

Il PCE e il PSOE erano, e sono ancora in qualche misura, le leadership politiche della classe operaia spagnola. Si trattava di partiti di massa che, nonostante il crescente discredito per il loro ruolo dopo la rivoluzione e la guerra civile, passando per la Transizione, la classe operaia non è riuscita a superare, creando un proprio partito indipendente dagli interessi della borghesia e della burocrazia. Soprattutto perché la sconfitta della rivoluzione spagnola, con l’eliminazione fisica di un’intera generazione di lavoratori, militanti e dirigenti, ha interrotto il processo politico di bilancio e di superamento delle sue leadership traditrici, “de aquellos lodos estos barros” [da quella polvere nasce questo fango, n.d.t.].

Noi lavoratori dobbiamo costruire un partito che lotti per gli interessi della classe operaia e per il proprio governo, un governo dei lavoratori e per il socialismo.

Articolo originale: https://independenciaobrera.org/sumar-ultimo-acto-en-la-caida-del-pce/

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