di Partido Obrero Revolucionario (Cile)
Lo svolgimento delle campagne per il plebiscito del 4 settembre ha segnato l’inizio di un nuovo scenario nella crisi politica che attraversa il Paese. Questa crisi si inscrive nella bancarotta globale del regime capitalista, rafforzata dalla pandemia, dalla guerra imperialista e dalle impennate inflazionistiche, che sono state il terreno di coltura di ribellioni popolari e scioperi generali, come in Ecuador, Panama, Sri Lanka, Italia e Inghilterra, tra gli altri.
Il processo costituente cileno è stato promosso nel tentativo di chiudere la crisi di potere che ha esacerbato la ribellione di ottobre.
Questa manovra, espressa nell’Accordo di Pace e Nuova Costituzione, fu firmata da quasi tutti i partiti del regime e portò all’elezione di una Convenzione Costituzionale, il cui scopo era quello di redigere una proposta per una nuova costituzione. Grazie a questa manovra, il mandato di Piñera e del regime è stato confermato, disarmando le assemblee popolari e la prospettiva di un’assemblea costituente libera e sovrana come istanza transitoria nella lotta per il potere.
Nel corso dello sviluppo della convenzione, la cosiddetta “sinistra indipendente”, priva di un programma di classe – con la collaborazione dei settori della sinistra riformista e del centro-sinistra in maggioranza nella plenaria – ha inserito nella nuova proposta costituzionale un insieme di norme che ampliavano i diritti sociali, i meccanismi di partecipazione dei cittadini, parità nello Stato e il riconoscimento delle diversità di genere e dei popoli nativi, tralasciando le richieste storiche della classe operaia, come la nazionalizzazione dell’industria del rame, la fine dei subappalti e la fine delle AFP (Administradoras de Fondos de Pensiones, i fondi pensioni privati cileni, n.d.t.).
La proposta di nuova costituzione è stata consegnata all’esecutivo e la campagna continuerà fino al plebiscito del 4 settembre, in cui si discuteranno le opzioni “Approvare” e “Rifiutare”. Secondo i risultati dei sondaggi, si prevede un voto a favore del Rifiuto. Il fatto che un settore che oggi vi aderisce e che inizialmente ha manifestato a favore dell’Approvazione nel plebiscito per la riforma costituzionale (80%), implica – al di là della campagna di “terrore” della destra o delle speculazioni sulla manipolazione delle percentuali – un disincanto delle illusioni sulla nuova carta organica, reso manifesto dallo scarso sostegno al governo e dalla serie di manifestazioni come quelle dei lavoratori in subappalto dell’ENAP (Impresa Nazionale del Petrolio), della Codelco (l’impresa mineraria nazionale statale del Cile, n.d.t.), dei membri della comunità Mapuche, dei parenti dei prigionieri politici e degli studenti.
Il posizionamento verso il plebiscito ha messo a nudo la crisi politica che i partiti e le coalizioni stanno attraversando, approfondendo la rottura del fronte capitalista che ogni variante rappresenta. Nelle coalizioni di governo non esiste una posizione unica. Apruebo Dignidad (Partido Comunista e Frente Amplio) difende strenuamente la proposta costituzionale. Da parte loro, i socialisti democratici (PS, PPD, PR, PL) lo fanno in conseguenza di una “approvazione delle riforme”. La Democrazia Cristiana, che ha ridotto la sua partecipazione al governo, entra in crisi, con un settore a favore dell’Approvazione e un altro a favore del Rifiuto, a cui si aggiungono le figure centriste raggruppate in Amarillos por Chile, una piattaforma sociale a favore del Rifiuto. Allo stesso modo, la coalizione di destra Chile Vamos è chiaramente a favore del Rifiuto, divisa tra coloro che difendono un “rifiuto della riforma” (RN, UDI ed Evo) e il Partito Repubblicano di Kast, che propone di mantenere intatta la costituzione di Pinochet.
Il recente annuncio di Boric di un “piano B” di fronte all’incognita del Rifiuto non fa altro che sfumare definitivamente le linee di demarcazione tra tutte le scommesse, mostrando il carattere di concessioni, riallineamenti e limiti programmatici della sua coalizione di governo.
Qualunque sia l’esito del plebiscito, esso pone le basi per un aggravio della crisi politica. In caso di vittoria drll’Apruebo, secondo la nuova Costituzione, si aprirà un periodo di transizione di cinque anni in cui verranno discusse e approvate leggi specifiche per l’applicazione della norma costituzionale. L’eliminazione della Corte costituzionale, prevista dalle disposizioni transitorie della nuova Costituzione, implica che questo organo non interferirà più negli affari legislativi e sarà sciolto. Si prevede che questo aggravi le attuali tensioni. Nel processo legislativo, il presidente dovrà inviare una serie di iniziative al Congresso, che continuerà a operare secondo l’attuale processo legislativo fino al 2026, compresa la possibilità di ulteriori riforme della Costituzione. In questo scenario, la destra riacquisterà ancora una volta la forza di quei seggi che le mancavano nella Convenzione, opponendosi alle posizioni dell’Approvazione con la minaccia permanente di un’impasse istituzionale.
D’altra parte, se vince il Rifiuto, è probabile che le riforme costituzionali per smorzare le richieste di modifica di una costituzione delegittimata rimangano nell’arena parlamentare. Entrambi gli esiti mantengono le basi sociali, politiche ed economiche del Paese entro limiti istituzionali, bloccando lo sviluppo di un programma rivoluzionario in grado di superare lo sfruttamento capitalistico.
Allo stesso modo, l’esito del plebiscito avviene nel contesto di un’acuta crisi economica che sta aggravando le condizioni di vita della classe lavoratrice, con una recessione incombente, un’inflazione che questo mese ha raggiunto il 12,5% e una storica svalutazione della moneta rispetto al dollaro che ha rafforzato l’aumento dei prezzi di carburanti, alimenti, affitti, a fronte di salari e pensioni da povertà. L’atteggiamento passivo delle burocrazie sindacali della CUT è un attacco agli scioperi che lottano contro il blocco dei salari e la precarietà della contrattazione relativa ai subappalti, e che stanno lentamente aumentando in tutto il paese.
All’interno delle organizzazioni e dei partiti della sinistra c’è ancora molto disorientamento. Da un lato, ci sono le oscillazioni politiche, come il settore che incoraggia l’astensione, dopo aver alimentato l’illusione nella nuova costituzione con campagne intitolate: “tracimiamo la CC”, “per una convenzione senza prigionieri politici”. D’altra parte, ci sono settori che propongono l’approvazione con delimitazioni, ma escludono la convocazione di organi deliberativi fondamentali, come la convocazione di un Congresso dei lavoratori e la validità dell’assemblea costituente. Da parte loro, le organizzazioni populiste, tributarie del mirismo (da MIR, il movimento guerrigliero cileno degli anni ‘60-‘80, n.d.t.) e del foquismo (la strategia guerrigliera sviluppatasi particolarmente in Sud America, n.d.t.), mantengono una posizione dissimile, chiedendo sia l’approvazione che il rifiuto, o addirittura l’annullamento, accompagnati dall’appoggio al governo o, al contrario, proponendo un’alternativa autogestita di “potere popolare”.
In questo scenario il regime non può dare una risposta soddisfacente ai lavoratori, accentuando la lotta per le rivendicazioni e la necessità di un polo politico indipendente come classe in lotta per la conquista del potere.
Le posizioni sul plebiscito presentate dalla sinistra socialista e rivoluzionaria devono evidenziare l’impasse costituzionale. Coloro che lo rifiutano perché le loro rivendicazioni di classe non sono soddisfatte e coloro che lo approvano perché vogliono porre fine a una costituzione che simboleggia il pinochetismo e la dittatura militare, devono superare la falsa polarizzazione attraverso lo sviluppo di un raggruppamento che metta in discussione un programma che unisca richieste come la fine dell’AFP, attraverso un sistema pensionistico unico con il contributo esclusivo dei padroni, l’espropriazione senza indennizzo delle banche, del commercio estero, delle risorse naturali come il rame, sotto il controllo dei lavoratori, il piano di reindustrializzazione sotto il controllo dei lavoratori, la fine del codice del lavoro e del codice penale, tra le altre richieste. A tal fine, è di vitale importanza convocare organismi di base alternativi alla deliberazione parlamentare sul futuro costituzionale.
Poiché questo compito non può essere svolto al momento data la marginalità e l’astrazione senza prendere posizione nel plebiscito, chiamiamo a votare per l’Approvazione, avvertendo che entrambe le opzioni rappresentano scommesse borghesi che falliranno nel tentativo di sigillare la crisi. La nostra posizione si contrappone al rifiuto che, pur convogliando settori disillusi, viene incoraggiato dalla parte più reazionaria della borghesia. La minaccia più grave contro la classe operaia. Ci riferiamo alla Confederazione della Produzione e del Commercio, ai settori pinochettisti e al Partito Repubblicano rappresentato dal suo leader fascista, J.A. Kast. Attraverso una forte delimitazione e costruzione programmatica nella nostra classe, proponiamo con forza che le organizzazioni dei lavoratori, degli studenti, degli ambientalisti, delle donne, dei dissidenti, dei pensionati e dei popoli nativi ignorino le leadership democratizzanti e burocratiche, in modo da promuovere un processo di deliberazione verso un congresso di base, un piano di lotta e lo sciopero generale con la piena forza dell’assemblea costituente libera e sovrana come transizione verso un governo operaio e socialista.
Sapevo poco o nulla dei Cile Grazie per le informazioni,testo molto interessante.
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