Buon successo, ieri, dell’assemblea organizzativa per lo sciopero generale contro la guerra del prossimo 20 maggio, a cui aderiscono varie sigle del sindacalismo di base, organizzazioni di movimento e di lotta dei lavoratori, dei disoccupati, degli studenti, delle donne lavoratrici.
Perché il grande assente dal dibattito politico sulla guerra imperialista è proprio lo SCIOPERO contro di essa.
La CGIL, che avrebbe la possibilità di coinvolgere diversi settori del mondo del lavoro, non può spingersi oltre qualche comizietto del burocrate Landini e qualche articolo nei propri organi d’informazione, dove si è mostrata soltanto a parole la contrarietà alla guerra, all’invio di armi e alla crescita del riarmo del nostro paese. Tutto questo per non esacerbare troppo i rapporti con Confindustria e il principale referente politico tanto di quest’ultima che della CGIL stessa, il Partito Democratico. Lo spazio occupato dentro l’unità nazionale da parte del sindacato confederale, che raccoglie il maggior numero di iscritti tra la classe operaia, di fronte alla guerra, si fa grembo di un più forte aggravamento delle contraddizioni già esistenti.
La sinistra pacifista e riformista non contempla la mobilitazione dei lavoratori come strumento di lotta alla guerra e diversi settori anche della sinistra sedicente di classe si sono impantanati nell’interpretazione di questo conflitto come “guerra nazionale ucraina”, “guerra di emancipazione dalla Russia”, “guerra di autodeterminazione” e così via. Con buona pace di quei compagni che considerano la restaurazione capitalista nell’ex spazio sovietico (e in Cina) un processo concluso, pacifico e pacificato, il conflitto in atto in Ucraina è da un lato la guerra dell’imperialismo NATO-USA-GB-UE, con le sue contraddizioni interne, dall’altro l’operazione restaurazionista dell’oligarchia russa che tenta di conquistare un posto al tavolo dell’imperialismo mondiale; tale caratteristica dell’invasione rafforza il carattere antioperaio e reazionario dell’attacco russo, smentendo coloro che gli attribuiscono un ruolo progressivo o antimperialista. Pertanto, la ricostruzione come “guerra locale”, secondo la dialettica liberale del grande circo mediatico che appiattisce tutto su una dinamica “invaso-invasore”, paralizza di fatto la capacità d’azione di tali sinistre sedicenti “rivoluzionarie” e lascia nelle mani di un fronte di squallidi saltimbanchi, dal “partigiano della Costituzione” borghese De Magistris ai “Guevara dei piccoli” Di Battista e Santoro, la critica alla NATO.
L’Italia partecipa attivamente al conflitto, con sanzioni economiche che si riverberano principalmente sul proletariato, l’invio di arsenale bellico al servizio dell’imperialismo (creando l’illusione nei lavoratori ucraini che la loro libertà arriverà con i fucili della NATO), un sistema mediatico prono al capitale e alla sua guerra, assicurando il servigio del governo Draghi ai piedi di Biden ribadito dal suo prossimo viaggio negli USA. La lotta alla guerra mondiale inizia dalla lotta al proprio imperialismo!
Lo sciopero del 20 tenta di rilanciare il ruolo del movimento operaio contro la guerra!
È un primo e piccolo ma necessario passo, Prospettiva Operaia lavorerà senza esitazioni alla sua costruzione!