Scioperiamo ed insorgiamo contro governo e padronato, non contro green pass e vaccinazione di massa!  

Lo sciopero intercategoriale di domani 11 ottobre a cui aderirà la grande maggioranza del sindacalismo di base rappresenta un altro tassello importante di questo autunno caldo, inaugurato dalla manifestazione dei 40mila a Firenze guidata dagli operai GKN lo scorso 18 settembre. Un autunno che vede tavoli di crisi al MISE riguardanti oltre 160mila lavoratori tra cui spiccano le vertenze di Alitalia e Whirpool. La strada per il risveglio di una lotta di classe più generalizzata non può che passare anche da questa data.

Ci si appresta ad entrare in un contesto rovente che travalica i confini nazionali per abbracciare il mondo intero: dopo un anno e mezzo segnato dagli oltre 4 milioni di morti per la pandemia, dopo anni di crisi economica senza crescita, l’inflazione e lo spettro di nuove guerre, potrebbero preannunciarsi scenari catastrofici.

L’unità nazionale e la pace sociale nel nome del profitto dei capitalisti

In Italia si è assistito ad un decennio di sostanziale crisi della democrazia borghese con governi formati da improbabili coalizioni e maggioranze allargate i quali non hanno potuto nascondere il fatto che nessuna forza politica borghese è in grado di governare questa fase segnata irrimediabilmente dalla crisi economica del capitale. La crisi di potere della borghesia in Italia ha partorito un governo d’unità nazionale guidato dal banchiere Mario Draghi, punta di diamante del capitalismo italiano. In questo governo, industriali e finanzieri nazionali ed internazionali hanno riposto tutte le loro speranze affinché il “belpaese”, ribattezzato “malato d’Europa”, potesse affrontare questo momento tanto delicato quanto cruciale per rilanciare il futuro dell’egemonia borghese nel nostro paese e nell’Unione Europea. Non a caso i partiti di Letta, Salvini, Conte, Speranza e Berlusconi si sfidano a chi è più responsabilmente filo-Draghi agli occhi della borghesia. Ogni giorno, dalle più alte cariche dello Stato fino ai pennivendoli delle testate giornalistiche borghesi, si leva la parola d’ordine dell’unità nazionale attraverso proclami ed editoriali infarciti di appelli allo spirito patriottico di sacrificio e al proseguimento del patto sociale tra Stato, Confindustria e burocrazie sindacali confederali per “ricostruire il paese” ma in realtà soprattutto contenere la rabbia della classe lavoratrice.

Al mantra della pace sociale che risuona tremolante dalle labbra dei vari Draghi, Mattarella, Bonomi, Letta, Orlando e Landini, fino a quelle di fastidiosi giornalisti piagnucolosi, si contrappone eloquente una realtà quotidiana fatta di licenziamenti, morti sul lavoro, inflazione, aumento della disoccupazione: una vera guerra al proletariato e alle classi lavoratrici a cui noi tutti e tutte non possiamo che rispondere con la lotta e la costruzione dello SCIOPERO GENERALE.

Crisi economica e inflazione, un colpo a salari e pensioni

Si cerca di respirare ottimismo per gli accenni di una nuova apparente crescita, dovuta più che altro a un riassestamento della produzione e dei consumi a seguito di un anno catastrofico, ma la crisi globale in atto ormai è latente e prosegue inesorabile senza via d’uscita. L’aumento del prezzo del petrolio (già in salita dal primo trimestre dell’anno), dovuto al rimbalzo dei consumi delle più grandi economie mondiali, Stati Uniti e Cina, ha causato una reazione a catena con il conseguente rialzo dei costi di produzione e trasporti, ha portato a una crescita del tasso di inflazione ferma negli ultimi dieci anni ed infine sta colpendo senza pietà il potere d’acquisto dei lavoratori. Anche la crisi climatica che ha provocato siccità in Russia, Canada e Brasile ha influito in maniera determinante su un aumento dei prezzi delle materie prime. Nel mese di settembre si è segnato in Italia  un aumento del carovita di oltre il 2% rispetto all’anno passato che va a colpire salari e pensioni. Il rincaro dei costi dell’energia in atto dal 1 ottobre (+30% sulla luce e +16% sul gas) invece annulla da solo i miseri aumenti salariali concertati dai sindacati confederali nei vari contratti nazionali.

Come avevamo anticipato in un articolo sul contratto dei metalmeccanici [1], la vittoria fasulla per cui hanno brindato i bonzi sindacali ha rappresentato per la classe un arretramento di salario e condizioni lavorative rispetto all’illusione di piccoli miglioramenti, come a qualcuno è sembrato di scorgere. I burocrati non hanno avuto nemmeno il tempo di raccogliere queste briciole che la grande borghesia italiana si è ripresa immediatamente ogni microscopica concessione. Questo è stato il risultato di un contratto nato dalla concertazione all’interno di un patto sociale tra imprese e sindacati, dove il movimento operaio è stato relegato a una figura marginale sopita da anni di politiche sindacali esclusivamente collaborazioniste e lesive degli interessi della maggioranza dei lavoratori e delle lavoratrici.

Crescono infortuni e morti sul lavoro, aumenta la disoccupazione

Parlare di pace sociale quando ogni giorno in media muoiono più di tre persone sul lavoro è un atto criminale. Nell’epoca della crisi e della decomposizione del potere della borghesia a farne le spese anche con la vita sono i lavoratori. Il caso di Luana D’Orazio, operaia di Prato morta per l’8% di produzione in più del suo padrone è emblematico [2] ed è soltanto un esempio, ogni morto sul lavoro è la vittima di un sistema che sfrutta le sue prede fino alla morte.

Le soluzioni pensate dalla CGIL, come la patente a punti per le imprese, senza lavorare neanche per un minimo di riduzione dell’orario e dei ritmi del lavoro, sono soltanto dei palliativi che distorcono il fatto che ci troviamo di fronte alla crisi strutturale di un sistema criminale che in tempi come questi non può fare a meno di spargere sangue. I padroni, colpiti dalla crisi, desiderano trarre il maggior profitto possibile, ai fini della propria sopravvivenza come classe, attraverso il risparmio sulla sicurezza, sulla manutenzione delle apparecchiature, sulla forza lavoro, costringendo i propri “schiavi” a lavorare di più, in maniera più intensa e senza adeguate misure di sicurezza. Tutti fattori che pesano come macigni sull’aumento dei morti e degli infortuni e su cui nessun governo della borghesia e nessun sindacato potrà mai trovare soluzioni interne a questo sistema. Se si osservano i dati su morti bianche e infortuni sul lavoro in Italia, dopo anni di discesa nelle statistiche dal dopoguerra al nuovo millennio [3], dal 2000 in poi la discesa finisce ed assistiamo ad un rialzo del tasso che praticamente si muove in maniera inversamente proporzionale al tasso di occupazione.

Sono i risultati della crisi: meno occupazione, più morti! Come se il miglioramento della vita e delle condizioni di lavoro andassero sempre meno di pari passo con il progresso tecnologico.

Pandemia, vaccini e Green pass

L’aspetto della crisi che ha più influenzato le nostre vite nell’ultimo anno e mezzo è stato senza dubbio la pandemia di covid. La difesa della proprietà privata e della propria esistenza come classe sociale si è tramutata nell’impossibilità della borghesia di risolvere la crisi sanitaria da essa stessa generata, permettendo al virus di correre libero per il mondo e spargere morte e alienazione nonché mutare in nuovi varianti più aggressive. L’umanità è stata costretta ad una convivenza criminale con il virus facendo pagare il prezzo più alto in termini di vite umane soprattutto a proletari e ceti popolari. Il COVID è una vera e propria tragedia per il proletariato mondiale.

L’introduzione dei vaccini, però, sta avendo effetti positivi, anche sulla nuova variante Delta, assai più contagiosa e pericolosa. Questo ce lo dicono i dati su contagi, ospedalizzazioni, terapie intensive e morti. Quotidianamente assistiamo a due pandemie diverse: una dei vaccinati e un’altra dei non vaccinati. È così in Italia ma anche nel mondo, lo dimostrano per esempio i dati di Russia, Cile, Romania e di alcuni Stati americani come il Texas, dove la campagna vaccinale si è fermata a numeri molto bassi, e si sono avuti picchi di morti e contagi (nel caso della Russia, picchi record da inizio pandemia). Abbiamo già dedicato un articolo a questo tema [4] e, in coerenza con quanto lì ribadito, crediamo che concentrare, visto il proliferare di comunicati sul tema, la lotta di questa giornata di sciopero l’11 Ottobre sull’abolizione del green pass sia un gravissimo errore politico.

Ci si può arrampicare sugli specchi auto-giustificandosi con il fatto che il green pass è uno strumento che divide i lavoratori, ma pare non si tenga debitamente conto che l’unico risultato di una simile rivendicazione è, come ribadito del resto anche in diverse piattaforme, la difesa della libertà personale a non vaccinarsi. E difendere tale libertà nel pieno di una pandemia, che ricordiamo non essere una malattia del singolo ma della collettività, dell’umanità, all’interno della quale ogni corpo può contagiare o essere contagiato (e quindi viene meno il concetto di proprietà privata del corpo!), non può che portare la lotta su una connotazione piccolo borghese e antioperaia.

Si può obiettare che il green pass venga usato come palliativo da parte di uno Stato assassino, che per un anno e mezzo ci ha lasciato infettare e morire senza affrontare il problema della sicurezza in luoghi di lavoro, mezzi pubblici e scuole e ora vuole eliminare il distanziamento sociale e tornare a livelli normali di produzione e consumo? Certamente, ma era ovvio fin da subito. È giustissimo denunciarlo, però si sapeva benissimo che non ci sarebbero stati investimenti nelle infrastrutture produttive. Il fragile stato di salute del capitalismo italiano non avrebbe mai potuto offrire nulla di tutto ciò e se avessimo pensato il contrario saremmo sfociati ingenuamente nel campo del riformismo, accodandoci da sinistra alla vuota retorica del “ne usciremo migliori”. L’Italia è l’unico paese che lo ha reso obbligatorio sui luoghi di lavoro? Sì, l’Italia è anche il paese in Europa con più morti di covid in percentuale rispetto alla popolazione. È anche uno dei paesi del mondo con il debito pubblico più alto, il membro UE che ha preso la maggior parte dei prestiti del Recovery Fund e la nazione che trema di più di fronte a possibili future ondate e nuovi blocchi della produzione nonché di fronte al pericolo di una possibile stagflazione (mancanza di crescita da una parte e inflazione alta dall’altra). Queste sono le principali ragioni e gli interessi che la borghesia ha nel green pass, sicuramente non la nostra salute.

Tuttavia anche la classe operaia e tutte le classi lavoratrici, a livello mondiale, hanno i propri interessi ben piantati nell’uscita dalla pandemia: i lavoratori hanno pagato e pagano tuttora il prezzo più alto, in termini economici e di vita. Il vaccino è attualmente l’arma più efficace per affrontare la crisi sanitaria. Una lotta internazionale per la vaccinazione di massa, che la borghesia non può permettersi (in alcuni paesi è ancora sotto l’1%), porrebbe all’ordine del giorno un’importante questione di proprietà privata e l’esproprio sotto il controllo operaio delle grandi aziende farmaceutiche. Porrebbe in nuce la questione del potere, da scippare dalle mani di una classe sociale incapace di far fronte tanto alla crisi sanitaria quanto a quella economica.

La lotta nazionale contro il green pass e l’obbligo di vaccinazione in un paese imperialista si muove, invece, in direzione completamente opposta, limitandosi a rivendicare una libertà individuale borghese e non ponendo le basi per un’iniziativa indipendente, o ponendole su parole d’ordine contro i suoi interessi, della classe operaia, l’unica forza che attraverso la propria emancipazione può portare l’umanità fuori dalla crisi.

Sciopero generale ora!

Uno sciopero diventa uno strumento formidabile di lotta quando la maggioranza dei lavoratori e delle lavoratrici mette in campo una radicalità tale da opporsi in maniera unitaria e sistematica alle politiche di quell’apparato padronale affamatore che propugna il peggioramento delle condizioni oggettive in termini di diritti, salari e sicurezza sui luoghi di lavoro. Uno sciopero generale si trasforma in una forza reale e di massa quando una grande maggioranza della classe lavoratrice decide di bloccare letteralmente tutti i settori produttivi nevralgici del paese, ponendo al centro del dibattito la cacciata di un governo espressione degli interessi dei grandi industriali e degli industriali stessi. Pertanto l’organizzazione di uno sciopero necessita di un paziente percorso di costruzione di assemblee e comitati di sciopero nei territori e nei luoghi di lavoro affinché si possa concentrare tutte le energie per  elevare la coscienza in una lotta intransigente per il diritto al lavoro e il diritto alla salute.

Questo sciopero, indetto e partecipato dalla quasi totalità delle sigle del sindacalismo di base, è un primo segnale importante dopo tanti anni di esperienze isolate nella proclamazione di piccoli scioperi che non erano in grado di spostare neanche minimamente i rapporti di forza. Un avanzamento importante se si considera il clima di repressione, l’isolamento e la persecuzione delle lotte e degli scioperi combattivi in determinati settori come la logistica. Tuttavia si riscontrano ancora forti carenze nel coordinamento fra le forze sindacali di base, con le varie direzioni che ancora si arroccano nei propri fortini organizzativi e calano dall’alto decisioni senza una partecipazione democratica dei lavoratori nelle scelte politiche secondo il metodo dell’assemblea operaia. Non a caso l’intesa raggiunta si basa esclusivamente sulla scelta di una data comune. L’assenza poi di un appello allo sciopero esteso anche ai lavoratori iscritti alla CGIL, anche contro la direzione CGIL di Maurizio Landini e suoi vassalli, è uno dei più grandi limiti di diverse organizzazioni del sindacalismo di base, che, senza il coinvolgimento tanto dei lavoratori non sindacalizzati quanto di quelli appartenenti al sindacato maggiormente presente tra i lavoratori, in sostanza si condannano ad un isolamento imperante il quale non potrà mai smuovere minimamente i rapporti di forza fra lavoro e capitale.

Come Prospettiva Operaia sosteniamo la necessità dello sciopero come strumento di lotta contro un padronato, e contro il governo al suo servizio, avido di massimizzare i proventi che deriveranno dal PNRR. Aderiamo convintamente allo sciopero dell’11 Ottobre, anche se ribadiamo la nostra contrarietà alla centralità data da diversi sindacati di base alla questione Green Pass e ad un fantomatico Stato forte e autoritario nella campagna vaccinale (questione irrisoria se si considera che l’80% degli over 12 ha già completato il ciclo vaccinale, a meno che non si voglia salire sul carro mediatico delle proteste No-Vax, le stesse che, piene zeppe di neofascisti a cui noi di Prospettiva Operaia non abbiamo nessuna intenzione e volontà politica di contendere quelle piazze piccolo borghesi dalle parole d’ordine reazionarie, hanno visto ieri anche un primo episodio tipicamente squadrista, l’assalto ad una sede sindacale, quella nazionale della CGIL a Roma). Occorre riaprire una stagione di lotte che ponga il comune denominatore nella volontà di opporsi: ai ricatti padronali, che proclamano sfacciatamente licenziamenti e delocalizzazioni; alla mancanza assoluta di sicurezza sul lavoro con padroni incoscienti e ispettori conniventi; alla precarietà dilagante, che, come indicano i dati Istat, segna inesorabilmente la tendenza all’utilizzo massivo di lavori a tempo determinato, i quali sostanzialmente rimpiazzano i posti a tempo indeterminato bruciati dalla crisi [5] (con le lavoratrici che pagano il prezzo più alto).

In conclusione, noi rivendichiamo:

  • Salario minimo per tutti i lavoratori e le lavoratrici di 1500 euro netti; scala mobile dei salari ossia l’aggiornamento automatico dei salari al carovita che la crisi produrrà sempre più
  • Scala mobile delle ore di lavoro, ossia la redistribuzione di tutto il lavoro che c’è tra tutta la forza lavoro per affrontare la disoccupazione; riduzione della giornata e della settimana lavorativa a parità di salario a non più di 6 ore giornaliere e 30 ore settimanali
  • Salario sociale ai disoccupati di almeno 1000 euro netti
  • Abolizione della legge Fornero e ritorno al sistema retributivo, ossia finanziato dalla fiscalità generale, con pensioni pari all’80% dell’ultimo salario e non inferiori a 1300 euro al mese
  • Abolizione del Jobs Act e di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro, trasformazione dei contratti precari in contratti a tempo pieno e indeterminato
  • Blocco delle procedure di chiusura e licenziamento: quando la classe padronale non cede nei sui suoi intenti di ricattare e affamare le famiglie operaie, occorre  espropriarla e porre le fabbriche sotto il controllo dei lavoratori, delle lavoratrici e dei comitati di fabbrica
  • Difesa della salute del proletariato e maggiori garanzie sulla sicurezza nei luoghi di lavoro
  • Per sconfiggere i tentativi della borghesia di dividere lavoratori italiani e migranti: abolizione dei centri di permanenza temporanea; permesso di soggiorno per tutti/e e Cittadinanza italiana con pieni diritti politici (a partire dal diritto di voto) a tutti gli stranieri presenti sul territorio italiano già da tre mesi
  • Per sconfiggere i tentativi della borghesia di dividere lavoratori e lavoratrici: parità salariale tra generi; comitati di autodifesa delle lavoratrici contro abusi padronali specifici e qualsiasi forma di molestia dentro e fuori i luoghi di lavoro.

Per una gestione pandemica in direzione classista, rivendichiamo:

  • Obbligo vaccinale
  • Proseguimento dello Smart working fino alla fine dell’emergenza; lavoro da casa quando possibile o astensione dal lavoro con salario del 100% a tutti i lavoratori e le lavoratrici che non possono vaccinarsi; per i genitori colpiti dai disagi causati da scuole chiuse causa quarantena astensione dal lavoro con salario del 100%
  • Raddoppio del budget sanitario e un piano immediato di recupero dei posti letto persi negli ultimi trent’anni; esproprio delle cliniche private inquadrandole nel SSN; gratuità di tutte le prestazioni sanitarie
  • Costruzione di una vertenza per la salute collettiva che esca fuori dai confini nazionali, per una vaccinazione di massa su scala mondiale, per un attacco alla proprietà privata dei brevetti su qualsiasi farmaco e l’esproprio delle case farmaceutiche

Prospettiva Operaia

NOTE

[1]   METALMECCANICI: IL CCNL 4.0 CHE GUARDA AL FUTURO… DEI PADRONI https://prospettivaoperaia.org/2021/04/07/metalmeccanici-il-ccnl-4-0-che-guarda-al-futuro-dei-padroni/ 

[2] (https://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/21_ottobre_06/luana-d-orazio-chiuse-indagini-il-processo-titolari-manutentore-0b43ad1e-267c-11ec-b23f-b7fc3eaba59d.shtml

[3]

(https://italiaindati.com/morti-ed-infortuni-sul-lavoro-in-italia/)

[4]

Diritti borghesi, individualismo e parole al vento nella guerra della/alla vaccinazione anticovid

[5]

https://www.lastampa.it/economia/lavoro/2021/09/13/news/lavoro-l-istat-boom-di-occupati-ma-a-tempo-determinato-e-ai-livelli-pre-covid-ne-mancano-678mila-1.40697191

Un pensiero su “Scioperiamo ed insorgiamo contro governo e padronato, non contro green pass e vaccinazione di massa!  

  1. Preferisco la UIT al CRQI perché la prima è centralista democratico e si può discutere internamente. Inoltre credo che in Italia occcorra fare fronte tra le forze trotkyiste sulla base del programma rivoluzionario imitando l’esperienza vittoriosa Argentina

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