Brasile: manovre sull’orlo del baratro

La pandemia è un fattore storico della crisi capitalistica che si è manifestata nelle sue molteplici determinazioni. La totalità dell’impasse del regime storico del capitale nella sua epoca di decomposizione vede la depredazione dell’ambiente, la mancanza delle condizioni di vita, lavoro, abitazione e salute. Il Brasile ne è attualmente il centro mondiale. Si tratta dello stato in cui il virus si diffonde in maniera totalmente incontrollata e da dove nascono le varianti. Con la campagna vaccinale che stenta a decollare, congiuntamente ad una sanità scadente e l’assenza di qualsiasi altra misura preventiva, si viaggia quotidianamente intorno ai centomila contagi e migliaia di decessi.

Nel 2018 ospitammo nelle nostre pagine un contributo significativo [1] sul regime di Bolsonaro a un mese dal suo insediamento. Fin da allora risultava evidente come ogni governo di controffensiva di destra o neoliberale non avrebbe avuto modo di consolidarsi nel proprio contesto nazionale, anzi avrebbe accelerato i processi di crisi in atto verso la catastrofe.

L’approfondimento della crisi impone di comprendere l’evolversi delle dinamiche brasiliane a partire dalle analisi delle organizzazioni rivoluzionarie presenti. Pertanto pubblichiamo la traduzione dell’articolo del compagno Osvaldo Coggiola (Tribuna Classista) dove vengono affrontati i molteplici aspetti politici, sanitari, economici dello stato attuale della crisi in Brasile. 

Buona lettura


[1] https://prospettivaoperaia.org/2018/09/09/panorama-mondiale

da Osvaldo Coggiola

04/04/2021

Il “cambio d’abito” del governo di Bolsonaro non arresta la pandemia. Quest’anno, quasi 30 mila pazienti moriranno di covid senza ottenere un letto in terapia intensiva, quasi il 40% dei decessi registrati nel 2021. In alcuni stati della regione del Nord, la percentuale di vittime che moriranno in attesa di un letto ha raggiunto il 60% del totale – solo in Amazzonia, quasi tremila persone perderanno la vita in questa situazione. Ora la situazione è peggiore al sud: a Santa Catarina e Rio Grande do Sul, più della metà dei decessi avvengono fuori dalle unità di terapia intensiva. A San Paolo diverse città hanno iniziato a trasferire i pazienti a causa della mancanza dei “kit di intubazione”. Milletrecento comuni dicono che i loro ospedali non saranno in grado di mantenere la cura dei pazienti più gravi a causa di una carenza di farmaci: più di 700 prefetti (sindaci) hanno menzionato il rischio di carenza di ossigeno, in previsione del fatto che il nuovo ministro della Salute si è mostrato “innovativo” per fare economia di quest’ultimo: “Sappiamo tutti che molte persone vengono in ospedale e lì, a volte, il primo passo è quello di applicare l’ossigeno nasale a coloro che non hanno bisogno di ossigeno. Quindi, proviamo a fare economia. Faremo una grande campagna, insieme ai professionisti della salute, per l’uso razionale dell’ossigeno”, ha dichiarato Marcelo Queiroga.

Il raggiungimento di 350 mila morti è già all’orizzonte, in un mondo in cui la pandemia ha già accumulato 123 milioni di casi e più di due milioni di morti, di cui il Brasile rappresenta il 15%, anche se la sua popolazione è meno del 3% della popolazione mondiale. Il disinvestimento e lo smantellamento della sanità pubblica, la privatizzazione del settore sin dalla fine del secolo scorso, ha portato a questo risultato nelle condizioni della crisi sanitaria globale: fondi globali, come BlackRock, dominano i piani sanitari privati in Brasile, laboratori diagnostici e ospedali all’avanguardia. Puntando al massimo profitto, fanno pagare sempre di più e portano il duro lavoro al SUS (sistema sanitario).

Il ritmo delle vaccinazioni in Brasile sarebbe diverso se ci fosse una produzione nazionale di IFA (ingredienti farmaceutici attivi) per gli immunizzanti. Fiocruz e l’Istituto Butantan hanno previsto di poterlo fare rispettivamente a partire da maggio e dicembre. Gli esperti hanno molti dubbi su questa linea temporale. Anche la produzione di IFA nel paese dipende dalle importazioni degli ingredienti, che potrebbero continuare a subire ritardi: “Quest’anno non accadrà (produzione nazionale al 100%). Non si tratta della capacità di Fiocruz e Butantan, che è indiscutibile. Si tratta del contesto nazionale e internazionale. Il Brasile non è una priorità per le multinazionali”, ha detto il professore di scienze farmaceutiche dell’USP Marco Antônio Stephano.

I cambiamenti in sei ministeri (sette, se si contano le recenti dimissioni nel ministero della Salute) hanno seguito le riunioni tenute dalla direzione del Parlamento, dai grandi imprenditori, dai rappresentanti delle banche e della borsa (nove riunioni, secondo O Estado de São Paulo) per discutere la direzione del governo. In questo contesto, ci sono stati segnali dal presidente della Camera dei Deputati riguardo all’apertura di un processo di impeachment. Arthur Lira [1] ha persino menzionato questa parola nella prima versione del discorso in cui ha parlato delle medicine “amare” e “fatali” dei parlamentari. Per gli uomini d’affari, il problema della pandemia incontrollata in Brasile è economico, poiché blocca gli investimenti stranieri e colpisce i tentativi delle quotazioni in borsa.

Le dimissioni del ministro degli Esteri Ernesto Araújo, che ha ostacolato i negoziati per i vaccini all’estero, sono state la richiesta più immediata, richiesta pubblicamente sia da Lira che dal presidente del Senato Rodrigo Pacheco [2]. I leader del Centrão [3] sono stati chiari: “Bolsonaro è sul filo del rasoio. Se le cose sfuggono di mano, se vuole fare tutto a modo suo, al di fuori della scienza, non abbiate dubbi che ci faremo largo da noi”. Mentre la proposta di impeachment prende forma, la classe imprenditoriale sta ancora aspettando che il presidente “cambi l’abito”, come affermano Lira e Pacheco.

Le dimissioni del ministro della Difesa sono arrivate subito dopo la richiesta di sostegno delle forze armate per misure autoritarie, compreso l’eventuale decreto dello stato d’assedio. Secondo il Foro [4], “uno dei fattori che hanno contribuito alla caduta del ministro della Difesa Fernando Azevedo e Silva è stato il rifiuto suo e delle Forze Armate di firmare una dichiarazione di stato d’assedio del presidente Jair Bolsonaro. Il presidente aveva anche considerato la possibilità nella scorsa settimana in risposta alle misure restrittive adottate dai governatori statali di fronte alla pandemia Covid-19 … Il rifiuto di sostenere la misura autoritaria voluta da Bolsonaro ha portato alla caduta del ministro, il quale era rimasto in carica dall’inizio del governo. Il presidente ha voluto la pressione dei militari per approvare lo stato di emergenza al Parlamento nazionale”.

Bolsonaro voleva l’appoggio esplicito delle forze armate. Da quello che ha scritto nella sua lettera di dimissioni, Fernardo Azevedo e Silva non ha voluto fornirlo. Bolsonaro stava facendo pressione per le dimissioni del comandante dell’esercito, Edson Pujol, che si è opposto al presidente sulla pandemia, e ha persino offerto il suo gomito per salutare Bolsonaro quando ha cercato di prendergli la mano. Lo stesso Pujol ha anche detto che i militari dovrebbero rimanere fuori dalla politica. Secondo Valor Econômico [5], il ministro è caduto perché ha rifiutato di “archiviare” il comandante.

Di fronte al crescente isolamento, Bolsonaro e i militari intorno a lui hanno deciso di rafforzarsi nell’esercito. Per questo, è stato necessario allontanare il comandante, Pujol, un paladino della “professionalità”. Il ministro ha rifiutato. Ora Pujol deve cadere. Vogliono allineare tutto l’esercito al “Partito Militare” del progetto bolsonarista. La crisi nazionale è diventata una crisi interna delle forze armate. Hanno la possibilità di ottenere immediatamente questo allineamento ma il costo potrebbe essere molto alto.

Ci sono già ufficiali militari non cooptati che si oppongono pubblicamente al bolsonarismo su posizioni più dure di quelle presentate allora da Santos Cruz. Le conseguenze delle dimissioni di Fernardo Azevedo e Silva dalla Difesa non sono ancora state valutate appieno, ma quella di Pujol dall’Esercito risulta prevedibile: non solo lui, ma anche i comandanti della Marina e dell’Aeronautica devono mettere i loro posti a disposizione del nuovo ministro della Difesa, il generale Braga Netto, che è entrato in carica rivendicando la celebrazione pubblica e ufficiale del golpe militare del 1964.

La crisi del ministero degli Esteri  ha contribuito a nascondere questo processo fondamentale. Lo scambio ministeriale nella Difesa ha finito per nascondere sotto il tappeto la grande sconfitta dell’indebolito governo federale nell’episodio delle dimissioni di Ernesto Araújo, il più grande simbolo del bolsonarismo all’interno del governo; il Centrão lo ha chiesto e il presidente ha ceduto: “Bolsonaro non ama mostrare le debolezze, ma questa volta non ha modo di nascondere i fatti. Lira ha minacciato… e lo ha portato via”, ha riassunto O Globo. Il posto di segretario del governo è stato assunto dalla deputata federale Flávia Arruda del PL, un altro chiaro cenno a Centrão, il cui prossimo obiettivo è il ministero dell’Ambiente di Ricardo Salles, che sconvolge le relazioni di Joe Biden con gli Stati Uniti.

Il nocciolo della questione è che la crisi del governo di Bolsonaro ha raggiunto le caserme, trasformando la crisi politica in crisi istituzionale. L’analisi di Rodrigo Vianna merita di essere riprodotta: “Il governo di Bolsonaro sta cadendo a pezzi. Dopo aver sostituito il terzo ministro della Salute in un anno ed essere stato costretto a licenziare il ministro delle Relazioni Estere, il presidente vede ora la crisi svilupparsi nelle caserme. La nota secca pubblicata dal ministro della Difesa, poco dopo essere stato costretto a dimettersi da Bolsonaro, lascia un messaggio chiaro: in carica, dice il dimissionario Fernando Azevedo e Silva, ho sempre preservato le forze armate come istituzioni statali”. Qualcuno vuole usarli altrimenti? Sappiamo tutti che lo fanno.

“Ricordiamo che Azevedo era il capo militare portato dalla Toffoli al STF. Era un ponte tra uniformi e togati, negoziando veti e voti. Il ponte è stato rotto, ciò indica che la Corte Suprema potrebbe diventare un obiettivo non solo di caporali e soldati, ma anche dei generali. Lì si trova il centro di tutto, la madre di tutte le crisi che si stanno sviluppando. Stordito, sotto pressione e osservando come il suo governo si sta frantumando, Bolsonaro ha chiesto ai comandanti delle tre forze armate un incanalamento. Certamente ci sono tra i militari (sia in riserva che in attività) coloro che sono disposti a usare le Forze Armate come un’istituzione non dello Stato, ma per la salvezza di un governo che sta implodendo sotto l’ombra di 300.000 morti”.

“Il gioco di parole di Eduardo Bolsonaro, come sempre contraddittorio e perverso, rende chiaro l’obiettivo della radicalizzazione: fare scudo al regime, se possibile con l’appoggio delle tre forze armate al fine di salvare Bolsonaro dall’imbarazzo di essere sconfitto alle urne da Lula nel 2022. La nota di Azevedo, quindi, era un messaggio a Bolsonaro, ma anche a parte dei suoi colleghi in uniforme. La nota mostra che c’è una seria divisione politica nelle forze armate:

“Se tutti fossero allineati con l’idea di un auto-golpe di stato bolsonarista, Azevedo non avrebbe avuto bisogno di dimettersi, e lui stesso sarebbe stato il capo dell’accordo militare che avrebbe condotto il Brasile in un abisso ancora maggiore”;

“Se ci fosse una chiara maggioranza contro il colpo di stato militare, Azevedo incastrerebbe i ribelli e aiuterebbe a porre fine al disastroso governo del capitano genocida”.

“Dimettendosi, a sorpresa, Azevedo rivela che la grave crisi di governo ha raggiunto le caserme. Questo in mezzo a minacce di ribellione della polizia, fomentate da deputati estremisti, e alla vigilia del 31 marzo, quando i militari integralisti intendono celebrare un altro infame anniversario della dittatura del 1964. Bolsonaro è vicino ad un punto morto. Egli guarda al comando militare attraverso l’unico appoggio istituzionale che gli è rimasto al di fuori del Centrão; quest’ultimo, a sua volta, sembra più in linea con l’élite economica pronta a porre fine al suo disastroso governo”.

“Bolsonaro ha iniziato il 2021 con la prospettiva di un accordo firmato nel binomio: Militare + Centrão = stabilità. L’equazione è cambiata: Militare + Centrão = instabilità. Uniformi ed estremisti sono ancora la maggioranza nel ministero… Nel frattempo, Mourão conta le truppe nelle caserme e i voti al Parlamento. E strizza l’occhio all’élite economica: perché non io?”.

Questa non è solo la peggiore crisi politica del governo di Bolsonaro, ma la peggiore crisi del regime politico brasiliano dal trasferimento del governo alla popolazione civile nel 1985. È  necessario che la classe operaia diventi protagonista indipendente del suo destino, pena il subire conseguenze più gravi di quelle del golpe del 1964 e il calvario del successivo regime militare, durato più di due decenni.

Per questo motivo l’organizzazione politica della sua avanguardia combattiva, inquadrata in un partito operaio indipendente, è fondamentale nel superamento della politica di conciliazione di classe e di compromesso con l’imperialismo del PT e dei suoi satelliti, dove quest’ultima conduce ad una sconfitta ancora peggiore di quella che ha subito. Ha condannato i lavoratori e i giovani all’oscurità della dittatura militare/borghese che oggi cercano di rialzare la testa.

[1] Deputato del PP (Partido Progressista), nazionalismo brasiliano e liberalismo classico

[2] Politico appartenente al partito DEM (partito di centrodestra)

[3] Nella politica brasiliana, centrão si riferisce a una serie di partiti politici che non hanno un orientamento ideologico specifico (anche se di stampo conservatore) e mirano a garantire una vicinanza al potere esecutivo in modo che garantisca loro vantaggi e consenta loro di distribuire privilegi attraverso reti clienteliste.

[4] Il Foro de São Paulo è una conferenza dei partiti politici di sinistra e altre organizzazioni dell’America Latina e dei Caraibi. È stato lanciato dal Partido dos Trabalhadores – PT del Brasile nel 1990 nella città di San Paolo.

[5] Uno dei più importanti giornali brasiliani di finanza ed economia.

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