La crisi istituzionale aperta da Matteo Renzi ma soprattutto spalleggiata dalla Confindustria di Carlo Bonomi ha visto ben presto la fine delle trattative per la formazione di una nuova maggioranza parlamentare farlocca intorno al premier Conte. La stessa maggioranza PD-M5S-LEU si è piegata immediatamente al ruolo primario assunto nelle ultime settimane dal Presidente della Repubblica nella designazione di un nuovo Presidente del Consiglio. Tale azione dimostra quanto sia incondizionata la difesa degli interessi reali del grande capitale da parte delle massime cariche istituzionali.
La crisi di governo è espressione di una faida interna alla borghesia per l’accaparramento delle risorse derivanti dai prestiti europei del Recovery Fund ed è così stata “superata” (alla faccia della “sovranità popolare”) con la scelta, designata da parte delle alte sfere del capitale italiano, per mano poi di Mattarella, della nomina di un’autorità assoluta e osannata dal mondo dell’alta finanza internazionale: Mario Draghi (ex presidente della Banca Centrale Europea, ex governatore della Banca d’Italia, ex direttore generale del Tesoro). L’alleanza delle forze politiche parlamentari che si sono inchinate senza fronzoli al leader del capitalismo italiano ed europeo, è pressoché totale, comprendendo sia le componenti ultraliberiste del centrodestra, compresi i sovranisti di cartone della Lega, sia i keynesiani liberali del Partito Democratico, il maggiordomo Renzi, di rientro dalla ossequiosa visita alla reazionaria monarchia saudita e infine il patetico Movimento 5 Stelle, che è passato nel giro di una sola legislatura dall’imperativo propagandistico del “non governare mai in alleanza con altre forze politiche” nel nome della “lotta contro i poteri forti” a governare per conto di banchieri e industriali prima con la destra poi col centrosinistra e ora direttamente col banchiere per eccellenza. A proposito del M5S ricordiamo, en passant, i fiumi di inchiostro sprecati a sinistra nell’interpretare tale fenomeno politico o come movimento con cui lavorare perché custode al suo interno anche di interessi propri delle masse o al contrario come movimento reazionario, nazionalista, parafascista, pericoloso per la democrazia (lo stesso pronostico che veniva avanzato per la Lega, dimostrando di non conoscere nulla del tipo di legame che tale partito ha da sempre avuto con la borghesia del Nord, quella che vive di export nei Paesi dell’UE e in particolare proprio in quella Germania tanto attaccata dal parolaio Salvini). L’astrattezza e l’idiozia di tali teorizzazioni sono ormai plateali.
Il bazooka dell’ex governatore della BCE Draghi è puntato inevitabilmente contro la classe lavoratrice, che sta già pagando il prezzo più alto della crisi economica e pandemica. Le stime parlano chiaro: migliaia di disoccupati con un tasso che è al 9,7%, e fra i giovani al 31,1%; migliaia di contratti a tempo determinato non rinnovati; migliaia di lavoratori in cassa integrazione covid che scadrà il prossimo 31 Marzo, assieme al blocco dei licenziamenti. Occorre una risposta del mondo del lavoro, lavoratori e lavoratrici, disoccupati e disoccupate, che sia tanto radicale quanto radicale è stato il sacrificio finora loro richiesto e l’ulteriore attacco che si prepara con il nascente esecutivo. La classe lavoratrice dovrà prepararsi a condurre una dura lotta contro questo nuovo governo dei padroni, conquistando la propria prospettiva indipendente dall’opportunismo delle sinistre politiche e dai sindacati collaborazionisti.
Gli stessi sindacati confederali che brindano assieme a Confindustria per l’arrivo del “salvatore della patria e del capitale”, missione improba tra l’altro visto che la crisi verticale del capitalismo, a livello mondiale, non può essere arrestata ma solo rallentata, rinviando però a crisi ancora più esplosive in futuro, tramite strumenti quali appunto il Quantitative Easing che ha amplificato l’indebitamento degli stati nazionali, o il Next Generation UE – Recovery Plan. Il segretario della CGIL Landini, portando il più grande sindacato italiano ad un ulteriore punto di bassezza, arriva ad affermare che con Mario Draghi “ci sono le condizioni per rimettere il lavoro al centro” e “possiamo far uscire l’Italia dalla precarietà del lavoro”. Ovviamente, da bravo burocrate è semplicemente preoccupato di riguadagnare uno spazio che consenta la sopravvivenza materiale, economica, all’enorme apparato CGIL, e questo val bene accordarsi con i padroni… e ora con “il banchiere”.
Se i mercati finanziari festeggiano l’arrivo di Mario Draghi come nuovo vate del capitalismo italiano ed europeo, la classe lavoratrice deve fin da subito comprendere il pericolo imminente di un nuovo blocco padronale che mette sempre più a repentaglio le proprie condizioni oggettive sia in termini di diritti (sempre più minimali) che di progressivo impoverimento dei salari.
Prospettiva Operaia si pone nel solco della lotta contro la formazione di questo futuro esecutivo, a cui contrappone l’unico governo in grado di essere realmente portatore di bisogni e interessi delle masse: il governo dei lavoratori.