di GA
Lo sprofondamento della CGIL verso l’asse padronale è ormai una realtà irreversibile per l’apparato burocratico di questo sindacato. Negli ultimi decenni, la perdurante crisi economica, combinata a quella pandemica, ha ridotto sensibilmente lo spazio negoziale delle burocrazie sindacali. Lo stesso premier Conte dichiarò lo scorso marzo, alla luce degli scioperi spontanei nelle fabbriche, che era definitivamente conclusa “la stagione della concertazione”, ovvero la “Belle époque” dei burocrati sindacali quando potevano contare sul sostegno dei propri iscritti per poter avere una voce negoziale nei tavoli con governo e padronato. Il feticcio del tavolo negoziale per i sindacati confederali, che spegne ogni tentativo spontaneo di lotta radicale, è divenuta oramai una prassi opportunistica: tavolo col MISE, tavolo con Confindustria, tavolo con le Regioni, ecc. I risultati che raccolgono questi burocrati sono pietosi: accordi al ribasso, cassintegrazione, contratti di solidarietà, ecc. Nessun passo avanti per la classe lavoratrice ma soltanto ripetuti tradimenti da parte dei burocrati.
Questa breve premessa giustifica l’evoluzione della natura del sindacato padronale che può essere perfettamente riscontrabile nella recente intervista rilasciata lo scorso 6 Gennaio dal segretario CGIL, Maurizio Landini, sulle colonne di Repubblica (giornale acquisito dalla famiglia Agnelli), in merito alla fusione in Stallantis fra i due colossi automobilistici: Fiat e Peugeot.
Landini il vero opportunista
Se da un lato c’è chi come Landini vede una storica “opportunità” da questa fusione che rappresenta “il più grande accordo finanziario e industriale europeo”, dall’altro vi sono diversi analisti borghesi che denotano l’inevitabilità di tagli e previsione di chiusure in diversi stabilimenti, visto e considerato che entrambe le case automobilistiche producono modelli simili. Non a caso questo compito è stato assegnato al nuovo a.d. Tavares, esperto di ristrutturazioni nel gruppo Peugeot come dimostrato in Opel. Inoltre Landini dovrebbe sapere che da questa “storica opportunità” FCA ha annunciato la distribuzione ai propri azionisti di un dividendo record di 2,9 miliardi di euro. Uno schiaffo a tutti quegli operai sfruttati, sottopagati ed in cassaintegrazione, invece per Landini questo è un buon segnale per consolidare lo stato di buona salute per il capitalismo italiano.
Le nuove vesti del sindacalista-manager, amante dei tavoli e meno delle lotte, sono confermati dalla richiesta ripetitiva di investimenti nei settori strategici dell’industria dei trasporti e della ricerca, denunciando il governo per la mancanza di una politica industriale nel settore dell’automobile e del trasporto pubblico. Landini dichiara senza giri di parole che occorre “fare sistema” che banalmente nei rapporti di forza si può tradurre in “insieme contro la classe operaia”. Eppure quando il governo Conte ha stanziato lo scorso anno un prestito di 6 miliardi di euro di alla FIAT, senza troppe garanzie, la CGIL di Landini plaudì il governo per lo sforzo.
Ma l’apice dell’opportunismo di Landini viene toccato alla domanda del giornalista di Repubblica su come risolvere le contraddizioni fra capitale e lavoro; qui Landini mostra il volto manageriale del sindacalista che dichiara di vedere di buon occhio la partecipazione dei lavoratori (ovvero le burocrazie sindacali scelte dall’azienda) nei consigli di amministrazione, esprimendosi precisamente con le seguenti parole: “è un tassello di quel sistema che si deve realizzare per sfruttare appieno le opportunità”. Invece questo è un ulteriore passo per gettare tutte le speranze dei lavoratori di difesa del proprio posto di lavoro nelle fauci degli industriali. Si tratta di una sentenza tombale verso qualunque atteggiamento che si ponga sul versante della lotta di classe e nel rafforzamento delle organizzazioni operaie indipendenti dal controllo del padronato e dei partiti padronali. È chiaro che Landini preferisce le comode poltrone confindustriali ai picchetti organizzati dagli operai fuori le fabbriche delle aziende in crisi.
Se la crisi economica certifica l’ampliamento delle disuguaglianze sociali fra ricchi capitalisti e proletariato, bisogna anche riscontrare l’oramai distanza abissale che separa l’apparato della burocrazia sindacale ed i lavoratori. Non sorprende più che nell’intervista il maggior rappresentante del sindacalismo italiano non ha mai esposto (nemmeno un rigo!) quali fossero le condizioni lavorative di sfruttamento e quanti diritti hanno perso le maestranze FIAT nel corso degli anni.
Prospettiva Operaia ha sempre denunciato questa vergognosa e perdente strategia dei sindacati confederali. L’ingabbiamento del conflitto sociale nelle maglie degli innumerevoli tavoli istituzionali fra sindacati, forze padronali e governo ha condotto a risultati che sono evidenti agli occhi dei lavoratori: aumento dei licenziamenti, aumento delle chiusure, aumento della cassintegrazione e soprattutto perdita di coscienza di classe. Lo smascheramento di questi agenti al servizio dei padroni deve essere una pratica ricorrente da agitare fra i lavoratori e con i lavoratori.
L’intervista:
