Il diritto all’aborto: una vittoria storica che apre nuove strade

Con la legalizzazione dell’aborto in Argentina, il 29 dicembre 2020 è stata una giornata storica per il movimento delle donne. In questo articolo, da noi tradotto, il compagno argentino Marcelo Ramal, del Partido Obrero – Tendenza, contestualizza tale risultato, ottenuto a seguito di anni di dura lotta da parte delle donne, con la partecipazione attiva del movimento operaio, e i ruoli ostili e opportunisti assunti dalle forze politiche che continuano ad alternarsi al potere.

Le conquiste o rivendicazioni popolari sono spesso strappate in modo tortuoso e persino contraddittorio. La conquista del diritto all’aborto è il frutto di quattro decenni di lotta delle donne, con il sostegno del movimento operaio militante. La conquista della legalità dell’aborto, con tutte le limitazioni imposte dal governo del FdT (Fronte di Tutti) e dai suoi compari dell’opposizione, nella prima mattinata di questo mercoledì 30, è inseparabile dalla nuova transizione politica, inaugurata congiuntamente dall’esaurimento del precedente governo Kirchner e dal rapido crollo del tentativo macrista, cioè una crisi di regime politico, nel quadro di un’incessante lotta popolare. La vittoria delle donne argentine apre un forte orizzonte rivoluzionario per le donne dell’America Latina.

L'”onda verde” fa parte del ciclo di mobilitazioni che ha accompagnato l’ascesa e il crollo politico del macrismo – il suo fallimento economico e finanziario. A questa saga si sono aggiunte le occupazioni di fabbrica del 2017, la gigantesca – assolutamente gigantesca – mobilitazione contro la legge 2×1 sui genocidi[i]; la ribellione diurna e notturna del 18 dicembre contro la riforma della previdenza sociale e, infine, le giornate per l’aborto legale.

All’inizio del 2018, già tormentato dagli sconvolgimenti finanziari e dalla reazione popolare, il macrismo si è impadronito della questione dell’aborto, senza misurare la portata della sua manovra, né le sue contraddizioni. I pañuelazos[ii] sempre più massicci e ricorrenti ne hanno accelerato la trattativa parlamentare. Una vera e propria rivolta di donne ha attraversato il sistema educativo, e anche nelle scuole confessionali le uniformi hanno cominciato ad essere adornate con sciarpe verdi. La questione dell’aborto è penetrata nelle fabbriche e nelle organizzazioni dei lavoratori, nei loro dibattiti e nelle loro controversie. La rivendicazione ha conquistato anche le baraccopoli. L’Argentina è stata testimone di una rivolta non dichiarata contro uno dei grandi baluardi dell’ordine sociale dominante, la Chiesa vaticana e le corporazioni religiose, soprattutto quelle evangeliche.

Anche le mobilitazioni che si sono svolte davanti al Parlamento non hanno precedenti (mi sembra più italiana come forma, però valuta tu). Votando contro l’aborto legale nel 2018, il Senato ha rivelato la visione reazionaria delle cricche storiche dei partiti capitalisti argentini. Ma il regime oppressivo e clericale aveva ricevuto una ferita terribile, raggiungendo la propria base popolare. Oggi, noi del PO (Tendencia) caratterizziamo quel colpo di Stato come “definitivo” – contro coloro, compresi gli apostoli dell’apparato del partito, che si sono precipitati ad annunciare la “sconfitta” del movimento per l’aborto legale. Questo è stato un argomento in più che si è aggiunto alla tesi del “risanamento” popolare mondiale, per giustificare la politica della routine elettorale.

I Fernandez e l’aborto

In un recente rapporto, Alberto Fernandez si è vantato di spingere per l’aborto legale come “promessa di campagna” – una “promessa di campagna” che non sarebbe esistita senza quell’enorme mobilitazione. L’aborto legale è una concessione – forse l’unica – del governo della FF[iii] al movimento di lotta che ha preceduto il crollo di macrismo. Lo stesso giorno in cui il Senato ha votato per l’aborto legale, il governo assestava un nuovo calcio alla mobilità del patrimonio pensionistico, e anche in quel giorno il sindacalismo delle aziende esportatrici imponeva la sua richiesta di un salario minimo, 90.000 pesos, pari al costo del paniere familiare. La manovra di un governo in crisi è stata il risultato, prima, dell’onda verde, e storicamente di una conseguente azione di anni e decenni di una manciata di compagni che, in rapporto con il socialismo e la sinistra, si sono battuti per l’aborto legale.

Il carattere manipolatorio e reazionario dell’approccio ufficiale all’aborto legale può essere visto nelle modifiche introdotte al progetto originale, in primo luogo l’obiezione di coscienza personale e istituzionale, che legalizza la coercizione di istituti privati e clericali nei confronti dei loro professionisti. La regolamentazione della legge, a sua volta, limiterà le possibilità di aborto dopo la quattordicesima settimana, anche se la salute della donna è minacciata. Nell’ospedale materno-infantile di Salta il 95% dei medici si sono dichiarati “obiettori”, il che è un colpo al diritto all’aborto legale in quella provincia.

Senato

In effetti, nel Senato della Nazione, il governo ha aperto la porta a nuove e serie concessioni al clero e alla reazione politica. Il rionegrino Wretilneck e i senatori del macrismo hanno giustificato il loro voto favorevole in nome di una futura regolamentazione della legge, con la promessa che eliminerà l’interruzione con una gestazione superiore di 14 settimane per ragioni di “salute integrale”. In questo caso, il concetto di “integrale”, che si riferisce alla salute psicologica della donna che porta in grembo una gravidanza indesiderata – questione decisiva – verrebbe eliminato.

Nel dibattito in Senato ci sono stati molti riferimenti a “una nuova realtà” o “una richiesta dell’elettorato”. L’ala “pro-aborto” del Kirchnerismo ricorreva all’argomento che la legge “non obbliga nessuno ad abortire” – che fornisce solo “gli strumenti legali solo a coloro che decidono di farlo”. Ma c’è anche la necessità di “strumenti” di sanità pubblica, che è un obbligo dello Stato, la cui mancanza o assenza potrebbe ridurre a zero lo “strumento legale”. Tutto indica che l’aborto legale diventa una nicchia riservata ad (alcuni) ospedali pubblici, circondata da ostacoli alla sua realizzazione.

Il diritto, nella società capitalista, è sempre condizionato dal potere politico della classe dirigente. Mentre si discuteva di aborto, la stessa Cristina Kirchner e i principali leader sindacali sono si accingevano a sbandierare una “riforma del sistema sanitario”, volta a tagliare le prestazioni di base e a rafforzare la subordinazione del sistema pubblico e delle opere sociali, sottofinanziate, alla sanità privata. L’interruzione legale della gravidanza sarà inclusa nel nuovo PMO[iv]? Cosa dirà il “regolamento”?

Infine, l’ostilità del potere politico nei confronti dell’aborto legale è stata chiarita nella presentazione finale di José Mayans, nientemeno che il capo del blocco di governo. Mayans ha sottolineato che l’aborto legale è in contraddizione con la “vita dal concepimento”, secondo la sua interpretazione della Costituzione nazionale e del Codice civile. Con questo ha dichiarato aperto un periodo di contestazioni giudiziarie, che sono sempre state accompagnate da mobilitazioni fascistoidi. La clausola invocata da Mayans è stata introdotta dalla riforma costituzionale “progressista” del 1994, prodotto incestuoso del “pacto de Olivos[v] tra Menem e Alfonsín. Una delle riformatrici era Cristina Fernández de Kirchner, accompagnata da Zaffaroni. La regolamentazione dell’aborto legale è un chiodo fastidioso nella coalizione “nazionale e popolare”. Pertanto, il movimento popolare ha davanti a sé un’enorme lotta per far rispettare l’aborto legale in modo effettivo. Questa lotta lo riporterà in conflitto con i partiti che ieri hanno votato forzatamente questa legge.

F e F sognano serpenti

Ma l’ipotesi che la regolamentazione dell’aborto legale possa portare un po’ di tregua a un governo afflitto da disgregazione sociale, pandemia e ipoteca economica non è durata nemmeno la stessa notte del Senato. Come succede nel poema tormentato di Silvio Rodriguez, “Sueño con serpientes” (“Sogno serpenti” ndr) – “La uccido e ne appare uno più grande”.

Lo stesso pomeriggio, uno sciopero generale virtuale di 20 giorni nella cintura agroindustriale di Santa Fe – il cuore economico del Paese – ha strappato un salario pari al paniere familiare, insieme ad altre richieste. Dietro di loro, i lavoratori portuali e marittimi e gli altri sindacati della zona stanno ora avanzando verso le stesse conquiste. Questo è un colpo concreto all’accordo che il governo vuole firmare con il FMI, e una lezione su come combattere il FMI – attraverso la lotta di classe, non con un discorso nazionalista; attraverso l’azione diretta, non con i discorsi parlamentari. I pañuelazos fanno parte di una lotta di portata storica degli operai e dei lavoratori argentini, delle donne e del movimento operaio internazionale. Con questa consapevolezza abbiamo partecipato alla mobilitazione e alla veglia che, tra il 29 e il 30, ha concentrato migliaia di compagne e compagni davanti al parlamento nazionale.


[i] La 2×1 è una legge del 2017 che riduce le pene ai condannati per crimini di guerra.

[ii] I pañuelazos sono delle mobilitazioni portate avanti dal movimento delle donne che prendono il loro nome dal pañuelo, il fazzoletto verde esposto durante le manifestazioni.

[iii] FF sta per Alberto Fernandez e Cristina Fernandez de Kirchner, attuale Presidente e la Vicepresidente argentini.

[iv] Programa Médico Obligatorio.

[v] Pacto de Olivos  è il nome l’accordo firmato tra la Unión Cívica Radical  dall’ex Presidente Raúl Alfonsín e il Partido Justicialista rappresentato dal Presidente Carlos Menem nel 1994, in cui i due principali partiti argentini hanno spinto per la riforma costituzionale e per votare nell’assemblea costituente a favore di un “Nucleo di partite fondamentali” stabilito nell’accordo. Il Patto fu il precedente diretto della riforma della Costituzione argentina del 1994.

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