di FB
Il 20 agosto del 1940, un sicario di Stalin, Ramon Mercader, colpì mortalmente (ma senza affrontarlo, di sorpresa, con metodo vigliacco) con una piccozza Lev Trotsky (che sarebbe spirato il giorno successivo), archittetto della rivoluzione dell’Ottobre 1917, fondatore dell’armata rossa e principale collaboratore politico di Lenin.
Considerato, a ragion veduta, uno dei più grandi marxisti del XX secolo, dalla sua prima giovinezza sino al giorno della sua morte, dedicò tutta la sua vita al movimento rivoluzionario. Ebbe un ruolo di primaria importanza nell’organizzazione dell’insurrezione di Pietrogrado, dopo la rivoluzione venne nominato commissario del popolo per gli affari esteri e fu quindi incaricato di dirigere per la repubblica dei soviet i negoziati di Brest-Litovsk, organizzò l’armata rossa contro le armate bianche controrivoluzionarie. Tutto ciò dimostra il ruolo fondamentale svolto, insieme a Lenin, nella costruzione del primo stato operaio della storia.
Dopo la morte di Lenin, lottò duramente e sacrificando tutto contro la degenerazione burocratica dell’URSS ad opera di Stalin, continuando a difendere le tradizioni internazionaliste dell’ottobre rosso.
Tra gli anni 1927 e 1933 dedicò gran parte delle sue energie ad organizzare l’opposizione di sinistra internazionale, che ha rappresentato la maggiore opposizione alla burocrazia di potere di Josef Stalin, il quale non poteva aver pace finché Trotsky fosse rimasto in vita, portando avanti il programma dei leninisti bolscevichi. La stessa burocrazia che Trotsky aveva battezzato come tumore all’interno del corpo dello Stato operaio, sottolineando più volte il fatto che se non fosse stata fermato avrebbe distutto tutte le conquiste della rivoluzione di ottobre.
Stalin, consapevole per questo del fatto che anche una piccola organizzazione con le idee giuste può diventare una importante forza rivoluzionaria, aveva maturato già da tempo l’idea di eliminare fisicamente il suo accerrimo nemico, non essendo affatto in grado di contrastarlo sul piano politico.
Nonostante l’assenza di incarichi politici ufficiali, l’esilio e il successivo isolamento in Messico a cui fu stato costretto, l’influenza di Trotsky tra coloro che lottavano da marxisti e rivoluzionari contro lo stalinismo crebbe sempre più, pertanto il suo assasinio rientrava in un progetto più generale di annientamento della corrente politica del “Trotskismo”. In breve tempo tutti i più stretti collaboratori di Trotsky furono vittime della macchina sterminatrice staliniana.
Nonostante la violenza di tale persecuzione, Trotsky rimase fermo nelle sue idee rivoluzionarie, pronunciando poco prima del vile attentato e sul letto di morte parole di sincero ottimismo sul futuro socialista dell’umanità.
Dopo anni di violenta repressione le idee del bolscevismo-leninismo sono rimaste vive più che mai, e nessuna calunnia o colpo di piccozza potrà distruggerle, giacché, citando Lenin, “il marxismo è onnipotente perché è giusto”.