Il capitalismo, e il sistema di relazioni internazionali su esso costruito, sono ormai al collasso. La diffusione mondiale del Coronavirus, prodotto dello sfruttamento intensivo capitalista dell’ambiente, e la paralisi economica conseguente, oltre a innescare una crisi economica a lungo attesa dagli economisti, ha visto il ritorno in campo degli Stati-nazione (portando l’UE sull’orlo della disintegrazione), custodi del regime della proprietà privata, e l’ulteriore acuirsi della crisi del sistema politico internazionale, sull’orlo di una guerra mondiale. Da una parte si rafforza la tendenza alla catastrofe della guerra e al suo opposto, con pari intensità, la tendenza alla rivoluzione: l’esplosione al porto di Beirut nel bel mezzo della crisi politica libanese e del protagonismo delle masse libanesi; le scaramucce armate tra Cina e India nel contesto delle grandi mobilitazioni delle masse dei due Paesi; le proteste scoppiate in seguito alle elezioni in Bielorussia, con il sostegno dell’opposizione liberale da parte delle potenze imperialiste e l’intervento della classe operaia che ad oggi rende gli eventi bielorussi qualitativamente diversi da quelli del resto delle repubbliche ex sovietiche (Ucraina, Georgia, ecc..); le proteste di massa nei Balcani contro la gestione dell’emergenza da parte dei governi oligarchici pro-imperialisti; l’esplosione della mobilitazione della gioventù afroamericana, e non solo, contro la violenza poliziesca e il razzismo negli Stati Uniti e la formazione, su fronti contrapposti, di milizie di autodifesa e di milizie paramilitari esterne allo Stato. Lo scenario politico internazionale è esplosivo. Le condizioni per la vittoria della rivoluzione sono ben più che mature. La vittoria del socialismo un’improrogabile necessità storica. La vittoria del proletariato e delle masse oppresse esige, oggi più che mai, la costruzione di partito mondiale della classe operaia.
