Bielorussia, l’intervento della classe operaia

Pubblichiamo la nostra traduzione dell’articolo di Lucas Benvenuto su Polìtica Obrera del 01/09/2020 (https://politicaobrera.com/internacionales/2548-bielorrusia-la-intervencion-de-la-clase-obrera).

Dopo quasi un mese, le mobilitazioni nella capitale della Bielorussia, Minsk, e in altre città non sono retrocesse in grandezza o fermezza. Gli slogan continuano a chiedere le dimissioni di Lukashenko e la convocazione di nuove elezioni presidenziali. Secondo i media indipendenti, domenica scorsa circa 100.000 persone hanno partecipato alle proteste.

La risposta del governo è stata l’invio di migliaia di poliziotti antisommossa (e militari) e una dozzina di veicoli blindati nelle strade di Minsk, affollate di camion dell’esercito e dei pompieri. La repressione contro i manifestanti comprende anche l’arresto di più di venti giornalisti di media internazionali come Reuters, BBC o AP. Questo sembra essere il più grande dispiegamento militare dall’inizio delle proteste. Il dispiegamento militare si sta anche muovendo, già alla luce del sole, come con esercitazioni militari nella regione di Grodno (vicino al confine con Polonia e Lituania) che simulano la difesa contro un’invasione. Lukashenko ha accusato la Polonia di avere in programma l’annessione della regione di confine di Grodno.

L’arresto di manifestanti e giornalisti si è concluso con l’arresto di due membri della dirigenza del Consiglio di coordinamento (creato dall’oppositrice in esilio Svetlana Tijanóvskaya), accusati dalle autorità di “aver organizzato azioni di massa non autorizzati”.

La posizione di Putin è stata esplicitata in un’intervista al canale televisivo pubblico “Rossiya 24”, in cui ha fatto riferimento per la prima volta alla crisi politica in Bielorussia, paventando la possibilità che le forze di sicurezza russe sostengano le forze militari bielorusse contro le proteste. Tuttavia, entrambi i presidenti (Lukashenko e Putin) concordano sul fatto che questo intervento deve ancora essere discusso.

Nell’intervista, Putin ha sottolineato che la Russia ha formato una “unità di sicurezza di riserva” (su richiesta di Lukashenko) per intervenire in Bielorussia “se la situazione va fuori controllo”. È quanto stabilisce il patto – a cui partecipano anche Armenia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan – che consente l’intervento militare nel caso in cui un Paese denuncia una “aggressione esterna”. La Russia ha rifinanziato 1 miliardo di debito bielorusso. Alcuni analisti ritengono che sia un modo per “sostenere Lukashenko” finché il Cremlino non trova un sostituto.

Sia l’Unione Europea che gli Stati Uniti hanno fatto pressioni per ottenere che Lukashenko “acconsentisse” a tenere nuove elezioni. Le sanzioni votate il 19 agosto al vertice Ue non sono state portate avanti, fatta eccezione per i rappresentanti politici del governo Lukashenko. La Russia e l’UE mostrano una mancanza di unità al proprio interno di fronte alla crisi. Il timore di entrambi i blocchi è che l’intervento della classe operaia e il suo impatto sulla classe lavoratrice russa crescano. I legami storici tra i popoli dell’una e dell’altra sono fortissimi.

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