La “tassa patrimoniale” del FIT-U

A seguito dell’inasprimento della crisi dovuto all’emergenza generata dalla pandemia di Covid-19, nel cercare le soluzioni per mitigarne gli effetti è tornato in auge un dibattito su una tassa patrimoniale, ovvero un prelievo di denaro sulla ricchezza accumulata di una persona fisica o giuridica. Ad aprile si era sviluppato un dibattito all’interno del PD portato avanti da Del Rio e Milelli su una tassa simile (ribattezzata Covid Tax) che avrebbe colpito i redditi superiori a 80 mila euro con contributi che salivano progressivamente dal 4% al 8%. La proposta naufragò nell’immediato a causa della contrarietà dei 5 Stelle, Italia Viva e delle opposizioni.
Versioni più radicali della patrimoniale avevano riscosso un grande successo, già a partire dal mese di marzo, tra le sinistre extraparlamentari, di classe e radicali e tra i sindacati di base, prendendo posto come rivendicazione in campagne di lotta che hanno come primo obiettivo quello di far pagare la crisi ai capitalisti. Noi avevamo denunciato pubblicamente il carattere riformista di tale rivendicazione, in quanto nel contesto di una crisi di dominio politico delle classi dominanti, esistente già da prima della pandemia, la sinistra ha il dovere, ora più che mai, di presentare un piano di alternativa di società che non può evitare di passare attraverso l’espropriazione della borghesia. Portare la classe lavoratrice a lottare per una soluzione fiscale, invece, retrocede questa battaglia ad una lotta per la gestione e la salvaguardia dell’esistente, lasciando intatti i rapporti di potere.
Questo dibattito non è limitato solo all’Italia. In Argentina per esempio ha raggiunto un livello più avanzato e approfondito che ha portato anche a delle proposte di legge. Presentiamo la nostra traduzione di un articolo pubblicato su Polìtica Obrera riguardo la questione in polemica con il FIT-U (Fronte di sinistra e dei lavoratori), che in questa partita gioca un ruolo simile a quello delle sinistre radicali in Italia.

Testo originale: https://politicaobrera.com/politicas/1834-el-impuesto-a-la-riqueza-del-fit-u

di Jacyn   06/07/2020

Da metà aprile, il Partito Obrero “ufficiale” sta conducendo un’intensa campagna a favore del progetto parlamentare di una “tassa sulle grandi fortune”, presentato da Del Caño e Romina Del Plá[1]. Naturalmente il progetto non sarà portato in aula, tanto meno sarà approvato, e quasi certamente non sarà nemmeno discusso in commissione. Non risponde, quindi, a una politica parlamentare che abbia una qualche parvenza di concretezza, o che affronti efficacemente le questioni in discussione al Congreso, ma a una strategia o a un metodo di propaganda politica, che ovviamente non ha un carattere socialista. Il capitalismo non può essere sostituito per via fiscale, ma dal rovesciamento politico della borghesia. Non educa, quindi, alla comprensione della politica rivoluzionaria, ma sviluppa un illusionismo piccolo borghese e pone l’accento sul parlamento, non sull’azione diretta. Dato che il governo ha cantato in anticipo su questa “tassa sui ricchi”, la proposta del FIT-U appare come una versione più radicalizzata della tassa promossa dal Kirchnerismo (“Tassiamo i capitalisti, ma davvero”, PO #1589). Non denuncia i limiti della proposta ufficiale, sia politici che sociali, e ancor meno che la via d’uscita dei Fernandez dalla crisi fiscale, cui il FIT-U vuole porre rimedio con la sua variante della tassa, passa attraverso la controriforma del sistema pensionistico e la svalutazione su larga scala del salario pubblico.

Tasse, una strategia

Il progetto in questione si è trasformato in una strategia politica, come dimostra il fatto che si presenta come una via d’uscita in ogni lotta e nelle aree sindacali accessibili al FIT-U, senza che si svolga prima alcun dibattito politico. L’attenzione politica che i suoi promotori chiedono per questo progetto opera, in concreto, come una pseudo-dirottamento parlamentare delle pressanti lotte che i lavoratori stanno sviluppando contro il contagio dei luoghi di lavoro, le sospensioni, i licenziamenti e le riduzioni degli stipendi.

Il progetto è promosso dalle quattro forze che compongono il FIT-U, ma la burocrazia del PO si distingue per il suo impegno. Che si tratti di una “giornata di lotta” del Plenario del Sindicalismo Combativo o di una conferenza virtuale di Gabriel Solano con i militanti di Neuquén, il sigillo della “campagna per la tassa sulle grandi fortune” è diventato il filo conduttore di tutte le sue attività.

La prima pagina che ha conquistato la questione della tassa patrimoniale in diversi paesi ha illustrato le sue motivazioni a riguardo. La pandemia e la bancarotta economica che la precede, la accompagna e la seguirà, hanno creato impressionanti buchi fiscali. Negli Stati Uniti, ad esempio, ha raggiunto il 10% del PIL – circa due trilioni e mezzo di dollari. Il margine per finanziarlo che è dato dall’emissione del dollaro, come valuta di riserva internazionale, non è disponibile per la Gran Bretagna, dove il deficit fiscale è stimato in circa 400 miliardi di sterline – 15% del PIL. In Argentina, l’importo raggiunge più del 10%, se il debito pubblico maturato è incluso, come dovrebbe essere. A questo si aggiunge un punto cruciale, ovvero la pressione per l’espansione della spesa pubblica, con l’obiettivo di porre rimedio, in parte, alle enormi carenze che il sistema sanitario ha dimostrato di fronte allo scoppio della pandemia e, nel caso dei Paesi meno sviluppati, all’enorme deficit di infrastrutture e di sviluppo abitativo. Le previsioni che mettono in guardia da un periodo di malattie virali e cataclisma climatico creano eccezionali incertezze per gli investimenti capitalistici. La crisi fiscale ha sollevato un dibattito in Gran Bretagna su una tassa speciale per coloro che hanno indebitamente beneficiato delle esenzioni concesse ad un sistema di prestiti vent’anni fa. Riscatterebbero la prigione con una tassa.

In breve, la questione fiscale viene presentata nel mondo come un’alternativa alla crisi fiscale, compreso il debito pubblico – cioè come un’operazione di salvataggio per gli Stati capitalisti. Questo è il contesto della questione.

“Attenuiamo” la crisi

I deputati del FIT-U propongono di prelevare una tassa straordinaria – cioè una tassa una tantum – sulle fortune superiori ai 100 milioni di pesos al 31 dicembre 2019, su una scala che va dal 5 al 15%, a seconda delle dimensioni del patrimonio. Il progetto prevede anche tasse sugli “utili bancari”, sui “redditi elevati”, sulla “grande proprietà fondiaria” e sulle “abitazioni inattive”. In breve, il suo scopo è quello di raccogliere 20 miliardi di dollari – secondo i calcoli degli autori – per creare un “Fondo speciale di emergenza per finanziare tutte le azioni sanitarie, economiche e sociali necessarie a mitigare le conseguenze della pandemia COVID-19”.

I termini confusi della proposta non potrebbero essere più chiari: il governo capitalista della famiglia Fernandez e i governatori peronisti e macristi, ottengono finanziamenti per mitigare le conseguenze sul regime sociale, cioè sui padroni falliti, sui creditori interessati, sugli imprenditori che rivendicano il capitale di lavoro, e, in definitiva, anche se è fastidioso, sul debito pubblico, che è venti volte superiore a questa “tassa sul patrimonio”.

Poiché i suoi promotori non possono ignorare questo, è chiaro che l’unico scopo di tutto ciò è quello di realizzare una campagna pubblicitaria per far vedere all’opinione pubblica che i parlamentari della FIT-U esistono, anche se nulla può superare quello che hanno fatto con la legge sionista votata nella Legislatura di Buenos Aires.

Il fatto che la questione del deficit fiscale, del debito pubblico e della questione delle imposte sia arrivata ad occupare un posto importante nell’agenda politica e parlamentare, non autorizza i socialisti ad offrire una soluzione fiscale ma, al contrario, a denunciare le soluzioni fiscali, con il limite del “una tantum”, e a dichiarare che l’unico modo per tassare il grande capitale, per promuovere una trasformazione sociale, è attraverso un governo operaio, che promuova una lotta internazionale per la cancellazione del debito estero.

Le illusioni fiscali del FIT-U costituiscono un rimedio e un plagio delle proposte del centro-sinistra, fermamente combattute dal PO, che assicuravano che una tassa sulla ricchezza, equivalente all’1% del PIL (4,5 miliardi di dollari), avrebbe posto fine alla povertà. Il FMI e la Banca Mondiale hanno interpretato la preoccupazione e istituito i prestiti sociali, che sono serviti a gonfiare ulteriormente il debito pubblico esterno. L’Argentinazo del 2001 incrociò la CTA[2] e il suo mentore, Claudio Lozano, che spingevano per un plebiscito su questo reddito minimo finanziato dalla tassa. D’altra parte, la povertà raggiungerà il 50% dei lavoratori quando usciranno dalla quarantena. Un’agitazione rivoluzionaria deve servire ad addestrare l’avanguardia a comprendere i grandi scontri sociali che stanno arrivando e a promuovere un congresso di lavoratori, coordinamenti di lotta. La propaganda del FIT-U, invece, sostiene una versione radicalizzata (prolissa) della ridistribuzione della ricchezza. L’insistenza su un progetto così ristretto da parte di due deputati nazionali solitari e atomizzati, peraltro, in due monoblocchi- riflette l’impasse politica della sinistra raggruppata nel FIT-U e la sua autoproclamata deriva, ma soprattutto l’abbandono delle basi di qualsiasi politica socialista.

Ipocrisia e sviluppismo

La natura democratizzante della proposta è fortemente esposta nei suoi “fondamenti”, probabilmente uno dei testi più noiosi mai scritti nella storia dell’opportunismo di sinistra.

La proposta del progetto si presenta così: “è tempo di chiedere che i capitalisti, i miliardari (?), gli evasori, le banche private e le aziende che hanno ottenuto enormi profitti negli ultimi anni, mentre intere fasce della popolazione sono state sommerse dalla povertà, diano un contributo (sic) a questa emergenza”. Il suo scopo di “colpire” “le persone più ricche del Paese” farebbe parte di “un programma che dal punto di vista della sinistra e del Fronte di Sinistra e dei lavoratori-Unità (sic sic) è orientato a porre fine alla decadenza nazionale, alla dipendenza e all’arretratezza. Quello che si dice è un programma “etico” (ciò che cattura l’attenzione, che “contribuisce”), che non ha come obiettivo la fine della dittatura del capitale, ma della sua arretratezza e dipendenza. Sviluppismo alla sua massima espressione, come abbiamo già visto con la “sovranità” alimentare.

I responsabili del FIT-U chiariscono che “le misure di emergenza proposte in questo disegno di legge sono inscritte (dove?) in una prospettiva più generale (“più astratta”, si dovrebbe dire) di riorganizzazione sociale della produzione che contempla una banca completamente pubblica che è gestita dai propri lavoratori e che espropria senza indennizzo le banche private che ogni giorno espropriano le maggioranze”. In altre parole, il capitalismo con banche pubbliche o statali, come il Banco Naciòn con Vicentín[3] e come acquirente del debito estero svalutato. Gli autori aggiungono poi che ciò servirebbe a “proteggere il risparmio nazionale, in particolare quello dei piccoli risparmiatori” e a “canalizzare le risorse per i prestiti” al “piccolo imprenditore che è stato mandato in bancarotta dalla crisi”. Questa è una ripetizione del programma del FIT-U, che dimostra che la società del “risparmio” e del “piccolo produttore” è una concezione politico radicata – in contrasto con il socialismo. La protezione della piccola proprietà della piccola borghesia è diventata la prova del nove del programma del FIT-U. Per Leon Trotsky, invece, “la nazionalizzazione delle banche darà risultati favorevoli solo se il potere statale stesso passerà dalle mani degli sfruttatori a quelle dei lavoratori” (Programma transitorio). Il “sistema di slogan” dell’apparato ufficiale è un ricettario di soluzioni capitalistiche.

Le “fondamenta” del progetto invocano nazionalizzazioni a casaccio, come parte di un catalogo infinito di “proposte”, comprese frasi come “i servizi pubblici devono essere un diritto”. Per quanto riguarda il commercio estero, la proposta di nazionalizzazione si basa sul fatto che “alcune aziende, per lo più del settore agroalimentare, si appropriano della maggior parte dei dollari di cui il Paese ha bisogno per l’emergenza”. Parlare di regressione allo sviluppismo da parte dei compagni del FIT-U non è un’esagerazione.

Prendete la parola

Come corollario, i deputati del FIT-U dichiarano che “è chiaro che (questo) si può ottenere solo con la mobilitazione di milioni di persone e mettendo fine all’apparato repressivo e burocratico dello Stato in cui è detenuto il potere della classe capitalista per sostituirlo con una democrazia operaia basata sulla sua auto-organizzazione”. Lo dice la stessa forza che propone il rafforzamento della tassazione in quello stesso Stato. L’apparato del PO ha lo scopo di orientare il movimento dei lavoratori e degli studenti – così interviene nelle riunioni e nelle assemblee – a sostegno di un progetto strategico di natura legislativa. In ogni lotta propone un “disegno di legge”.

I militanti del FIT-U devono rivendicare un loro spazio in questa discussione.

[1] I rappresentanti dei due partiti maggiori del FIT-U (Frente de Izquierda y de los Trabajadores): Nicolàs Del Caño  del PTS (Partido de los Trabajadores Socialistas) e Romina Del Plá  del PO.

[2] Organizzazione sindacale argentina. CTA (Central de Trabajadores de la Argentina).

[3] Vicentin è uno dei principali gruppi privati del settore agroalimentare argentino. Versa in uno stato di crisi dal 2018, è entrato ufficialmente in fallimento lo scorso dicembre con debiti per oltre 1,3 miliardi di dollari. Il governo Macrì lo salvò attraverso l’emissione di liquidità tramite il Banco Nación, quindi lo Stato è uno dei primi creditori. L’attuale governo Fernández ha deciso di espropriarlo.

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