Social Media ed Internet ai tempi del Coronavirus

Questo è il primo di una serie di articoli che pubblicheremo in merito alla questione della diffusione dei social network nella società e la sempre più crescente pervasività del controllo sociale sulla vita dei cittadini da parte del potere politico.

di MP

Premessa

Per una panoramica generale della diffusione e dell’uso di Internet e Social Media nel mondo e in Italia ci affidiamo allo studio portato avanti (già da otto anni) da “We are Social” che descrive in dettaglio lo scenario digital mondiale (disponibile qui: https://wearesocial.com/it/digital-2019-italia).

I paesi presi in esame sono 230, facendo emergere un quadro dettagliato sull’utilizzo di Internet, social media, dispositivi mobile ed e-commerce.

Nel 2018 si sono aggiunti 11 milioni di nuovi utenti online, per un totale di 54.8 milioni di persone che accedono a Internet. La popolazione italiana è di 59.25 milioni di abitanti, ovvero circa il 92.5%: nove persone su dieci.

Sono 35 milioni gli Italiani che utilizzano i social media, 1 milione in più rispetto al 2017; di questi, ben 31 milioni (ossia l’88.5%), accedono ai social da mobile. In Italia il tempo trascorso su internet è più del doppio di quello trascorso guardando la televisione: in media, passiamo online 6 ore al giorno. Per quanto riguarda i social, il tempo trascorso è in media di quasi due ore (1 ora e 51 minuti, per l’esattezza).

Internet in Italia

  • gli utenti Internet sono quasi 55 milioni
  • il 92% delle persone guarda video online
  • la tecnologia “voice” : il 30% degli utenti Internet utilizza almeno un servizio controllato tramite la voce.

Mobile

  • quasi tutti gli abitanti del nostro Paese dispongono di un telefono cellulare (97%). E il 76% possiede uno smartphone
  • l’87% degli italiani utilizza device mobili per la messaggistica
  • l’intrattenimento e la fruizione di contenuti video da mobile interessa 4 italiani su 5, e il “gaming” un italiano su due

E-commerce

  • la crescita nell’utilizzo di Internet è un dato impressionante: i tre quarti degli utenti Internet hanno dichiarato di aver acquistato nell’ultimo mese prodotti o servizi online (il 42% tramite un dispositivo mobile)

I social più utilizzati

Con un 87%, YouTube si conferma la piattaforma più utilizzata dagli utenti internet in fascia 16-34, seguita da Facebook e Instagram – rispettivamente 81% e 55%. Nel mezzo, come piattaforma di messaggistica, c’è WhatsApp, Messenger si piazza al quarto posto. Twitter si attesta al 32%, poco sopra LinkedIn (29%).

Un dato interessante è il genere dichiarato degli utenti. 

Se per Facebook, Instagram e LinkedIn il numero di utenti maschili e quello di utenti femminili variano di poco, su Twitter prevale decisamente la popolazione maschile (68% vs 32% della popolazione femminile), mentre su Snapchat accade il contrario: il 73% degli utenti si dichiarano di genere femminile e il 25% di genere maschile.

Per quanto riguarda l’età, analizzando gli utenti di Facebook, Instagram e Messenger, emerge che la fascia 25-34 è in testa, seguita da 35-44 e 45-54. Seguono poi le fasce 18-24 e 55-6, mentre è interessante notare che la fascia 65+ supera quella dei 13-17, che si colloca invece all’ultimo posto raccogliendo solo il 2% degli utenti. Entrambe le fasce 65+ e 13-17 sono comunque in aumento rispetto allo scorso anno. 

Comunicazione al tempo del Coronavirus

Mentre Luigi Gubitosi, CEO di Telecom Italia, ha annunciato che la sua azienda sta rilevando un aumento del traffico online di più del 70%, con grande contributo proveniente da game online, come Fortnite. “Come Fortnite” non è un esempio casuale, ma l’esempio citato ufficialmente in una call con gli analisti dall’amministratore delegato di una delle nostre più grandi compagnie di telecomunicazione, nella classifica dei video più visualizzati su Facebook, insieme a quelli dei siti di informazione, compaiano quelli postati dagli account ufficiali di personaggi politici che raggiungono direttamente audience molto elevate mentre su Youtube i più visualizzati sono i video pubblicati dagli editori con una forte prevalenza di quelli di Fanpage.  Giorgia Meloni ottiene quasi 2mila like e 462 condivisioni con un tweet: (vedi qui). “ennesimo decreto in cui si chiude tutto, ma anche no. Tempo, risorse e credibilità persi solo per non dare ragione a chi, come FDI proponeva di chiudere tutto due settimane fa”.

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Mentre Wuhan annuncia la fine delle restrizioni (prevista per l’8 Aprile), nel mondo il contagio accelera, soprattutto negli Stati Uniti e in Spagna. In molti paesi come l’India si estende l’invito a restare a casa, si prevede un lockdown globale che coinvolge 2,6 miliardi di persone. Per la prima volta nella storia le Olimpiadi vengono posticipate, saranno nel 2021, e per Shinzo Abe “Saranno la prova che l’umanità ha sconfitto il coronavirus”.

Il grafico successivo mostra l’evoluzione dei volumi di conversazione da inizio epidemia ad oggi. Ogni picco corrisponde ad un evento che ha avuto forte impatto sull’opinione pubblica. Al centro la words cloud con le coppie di parole più utilizzate nelle ultime ore.

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Analizzando le conversazioni generate nella giornata del 24 marzo, nella nuvola delle parole emergono tematiche legate al nuovo decreto di conte “multe fino” a 3mila euro per i trasgressori delle misure, e “più poteri” alle regioni, che adesso possono inasprire ulteriormente le misure di sicurezza per superare l’emergenza sanitaria.

Restringendo il punto di vista sui contributi creati da politici e partiti, si sono alternate tematiche legate allo sciopero dei benzinai, a alle conseguenze del nuovo decreto che prevede la chiusura di tante attività produttive.

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La comunicazione del Presidente del Consiglio

Consuete oramai le dirette Facebook notturne, utili per risolvere in un sol colpo sia la crescita di like sui Social (i suoi fans sono passati in pochi giorni da 1, 65 a 2,15 milioni) che la presenza dei giornalisti.

Per avere un’idea della percezione all’estero degli stop-and-go del Governo italiano, amplificati dalla comunicazione del Presidente Conte, val la pena leggere qualche stralcio di un lungo e impietoso servizio del New York Times pubblicato anche in Italia:

“Nei suoi tentativi di interrompere il contagio, adottati uno per volta, (isolando prima le città, poi le regioni, quindi chiudendo il Paese in un blocco intenzionalmente permeabile) l’Italia si è sempre trovata un passo indietro rispetto alla traiettoria letale del virus (…) Alcuni esponenti politici si sono inizialmente dati all’ottimismo, riluttanti ad adottare decisioni dolorose in anticipo e hanno di fatto concesso al virus il tempo di nutrirsi di tale indulgenza (…) Nei primi fondamentali giorni dell’epidemia, Conte e altri alti funzionari hanno cercato di minimizzare la minaccia, creando confusione e un falso senso di sicurezza che ha permesso al virus di diffondersi. (…)  Anche dopo aver deciso di ricorrere a un blocco generale per sconfiggere il virus, il Governo italiano non è riuscito a comunicare l’entità della minaccia con una forza sufficiente a convincere gli italiani a rispettare le norme, formulate in modo da lasciare grande spazio ai fraintendimenti (…) le difficoltà create dalla divisione dei poteri tra Roma e le Regioni hanno frammentato la catena di comando e dato vita a messaggi incoerenti (…) L’Italia ha guardato all’esempio della Cina non come un monito pratico, ma come a un “film di fantascienza che non ci riguardava”. Quando il virus è esploso in Europa e Stati Uniti, ha dichiarato: “hanno guardato noi come noi avevamo guardato alla Cina” (…) Le rassicurazioni dei leader hanno confuso la popolazione italiana: a Milano, a pochi chilometri dal centro dell’epidemia, il Sindaco Beppe Sala ha pubblicizzato la campagna “Milano non si ferma” e il Duomo, simbolo della città e attrazione turistica, è stato riaperto al pubblico. La gente è uscita per le strade. (…) In una conferenza stampa a sorpresa alle ore 2:00 del mattino dell’8 marzo, Conte ha annunciato la straordinaria decisione di limitare gli spostamenti per circa un quarto della popolazione italiana nelle regioni settentrionali, locomotiva economica del paese. Una bozza del decreto, fatta trapelare ai media italiani sabato notte, ha spinto molti cittadini a correre in massa alla stazione nel tentativo di abbandonare la regione, causando quella che molti, in seguito, hanno considerato come una pericolosa ondata di contagio verso il Sud. Il giorno seguente, la maggior parte degli italiani era ancora confusa sulla severità delle restrizioni (…) Nel frattempo, alcuni governatori regionali hanno ordinato autonomamente alle persone provenienti dall’area appena chiusa di mettersi in quarantena, mentre altri non lo hanno fatto (…) Il giorno dopo, il 9 marzo, quando i casi positivi hanno raggiunto quota 9.172 e il bilancio dei decessi è salito a 463, Conte ha inasprito le restrizioni estendendole su scala nazionale; ma a quel punto, dicono alcuni esperti, era già troppo tardi (…).

La comunicazione da parte del Presidente del Consiglio, e di tante figure istituzionali grandi e piccole, è stata un campione di inefficacia. Il punto è che una comunicazione efficace, avrebbe richiesto la volontà politica di sconfiggere la pandemia, e questo sarebbe stato ed è in netto contrasto con l’esigenza del padronato di non fermare la produzione. L’inefficacia e le contraddizioni della comunicazione da parte del governo sono il riflesso della pressione che borghesia grande e piccola esercitano sull’intero arco politico.

Uso esteso del controllo elettronico sulla popolazione a fini di contenimento del contagio

Tutte soluzioni tecnologiche che prevedono l’uso di Big data per il governo strategico dell’epidemia, il cui utilizzo, è bene ricordarlo, è stato a più riprese proposto da due Università – e per essere precisi da Alfonso Fuggetta, Professore di Informatica del Politecnico di Milano, e da Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategia dell’Università Bocconi – al Governo italiano, già al debutto della pandemia: le istituzioni centrali italiane, sorprendentemente, hanno ritenuto di non dover neppure rispondere per riscontrare la proposta. Tardivamente, solo nel pomeriggio del 23 marzo, a oltre un mese dallo scoppio dell’emergenza, il Ministero dell’Innovazione ha pubblicato un bando della durata di 3 giorni (!) per stimolare Università e centri di ricerca a proporre soluzioni tecnologiche d’avanguardia per il contenimento dell’epidemia.

Scrive Harari sul Financial Times:

“Il monitoraggio centralizzato e le dure punizioni non sono l’unico modo per far sì che le persone rispettino le linee guida benefiche.  Quando le persone vengono informate dei fatti scientifici e quando le persone si fidano delle autorità pubbliche, i cittadini possono fare la cosa giusta anche senza un Grande Fratello che veglia sulle loro spalle. Una popolazione auto-motivata e ben informata è di solito molto più potente ed efficace di una popolazione ignorante e controllata. (…) Ma per raggiungere un tale livello di compliance e cooperazione, è necessario avere fiducia.  Le persone devono fidarsi della scienza, fidarsi delle autorità pubbliche e fidarsi dei media. Negli ultimi anni, politici irresponsabili hanno deliberatamente minato la fiducia nella scienza, nelle autorità pubbliche e nei media”

Una comunicazione efficace come mezzo di informazione scientifica e di contrasto alla pandemia, avrebbe richiesto come condizione imprescindibile, che non si distruggesse la fiducia nei confronti della scienza con campagne complottiste, antiscientifiche e reazionarie. I 5Stelle, al governo da quasi due anni e per di più esprimendo il Presidente del Consiglio, oggi che occupano incarichi istituzionali, dopo anni di campagne complottiste (No Vax, scie chimiche, finto allunaggio, Soros, rettiliani, ecc…) pretendono di essere creduti. La crisi comunicativa del governo è anche il riflesso delle convulsioni politiche del M5S, consumato tra il ribellismo fondativo e l’assorbimento nei palazzi del potere.

Il monitoraggio centralizzato, cui ora si guarda, per ridurre gli spostamenti delle persone, è una misura autoritaria, e irrilevante sotto il profilo della lotta alla pandemia, tanto più in considerazione del fatto che si chiede di continuare a lavorare a milioni di lavoratori stipati nelle fabbriche e nei magazzini. La misura del monitoraggio non ha a che fare con la pandemia attuale, ma col controllo sociale di cui il potere politico sente sempre più la necessità, di fronte alla crescita delle tensioni sociali e ad una futura ascesa delle lotte sociali. Non neghiamo l’utilità che i social network e i big data possono fornire per combattere la pandemia e in generale per organizzare la vita sociale: il punto per noi è quale classe sociale usa questi mezzi e con quale fine. La questione del controllo degli spostamenti umani nell’impossibilità di controllare il virus, la cui diffusione non conosce frontiere, pone all’ordine del giorno il superamento del modo di produzione capitalista a livello mondiale e il controllo democratico, da parte dei lavoratori, dell’infrastruttura informatica.

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