Alla ricerca dell’emancipazione. Le donne tra lavoro produttivo e riproduttivo

di IN, DC e MP

Le donne, si sa, devono lavorare per poter avere di che vivere, ma devono anche “occuparsi della famiglia”. Devono riprodurre la specie (la futura forza lavoro) facendola crescere dentro di sé, ma devono anche dedicare cure quotidiane ai piccoli, ai mariti e agli anziani. In questo articolo analizziamo la condizione delle donne in Italia a partire dalla fotografia scattata dai dati ISTAT su lavoro e famiglia.

Il lavoro produttivo. Il tasso di occupazione nel terzo trimestre del 2019 (luglio-settembre) è salito al 59,2% (+0,1%), una crescita infinitesimale che ha riguardato principalmente i contratti di lavoro a tempo determinato. Ad ogni modo, la discrepanza nell’occupazione tra uomini e donne non è cambiata; infatti, a lavorare sono il 68,7% degli uomini, mentre nel caso delle donne questa cifra non supera il 50,1%. Anche in merito al tasso di disoccupazione si registrano differenze: 8,3% per gli uomini, 10,2% per le donne. Per quanto riguarda l’orario di lavoro, secondo l’ISTAT la maggior parte degli impiegati part-time lo è in maniera involontaria. Questa situazione riguarderebbe in particolare le donne, che vorrebbero lavorare di più e non ne hanno la possibilità.

Le donne sono impiegate principalmente nel settore dei servizi (commercio, alberghi, ristoranti e altro). Vi lavora, infatti, ben l’84% delle occupate. Seguono poi l’industria (13%) e l’agricoltura (3%). Rispetto agli uomini, la discrepanza relativa ai settori di impiego è marcata: solo il 60% degli uomini lavora infatti nel settore dei servizi, mentre il resto è impiegato nell’industria (35%) e nell’agricoltura (5%).

La famiglia. Nel 2018 sono stati celebrati in Italia 195.778 matrimoni, circa 4.500 in più rispetto all’anno precedente (+2,3%). Le seconde nozze, o successive, rappresentano il 19,9% dei matrimoni esistenti. Il 2018 è stato il primo anno in cui in Italia il rito civile ha superato quello religioso. L’Istat riporta infatti che il 50,1% dei matrimoni è stato celebrato con rito civile e il 49,9% con rito religioso. Per quanto si tratti di una differenza irrisoria, c’è da dire che il sorpasso è il punto di arrivo di una tendenza generale osservabile negli anni (nel 2014 il 56,9% dei matrimoni celebrati era stato eseguito con rito religioso e solo il 43,1% con rito civile). Si registra un aumento anche delle convivenze prematrimoniali e un prolungamento nella permanenza dei giovani a casa dei genitori. Nel 2018 sono state costituite 2.808 unioni civili tra coppie dello stesso sesso.

Nel 2019 si è avuto poi un ulteriore calo delle nascite. Il tasso di fecondità totale (TFT) è infatti sceso a 1,29 figli in media per donna. L’età media delle madri al parto, inoltre, cresce ancora e arriva a sfiorare i 32 anni. Ciò, unito al continuo aumento della sopravvivenza nelle età più avanzate, ha reso l’Italia uno dei paesi con maggiore squilibrio nel rapporto giovani-anziani al mondo.

Libere di… Le donne sono sfavorite nel mondo del lavoro a causa del loro ruolo di madri e accuditrici che la società rivendica per ragioni di ordine pratico (spesso le famiglie non hanno i soldi per pagare qualcun altro) e ideologico (necessarie a legittimare l’esigenza pratica). Tra le file della manodopera di riserva, disoccupate, e relegate nella attività part-time del settore dei servizi, dove i contratti a tempo determinato la fanno da padrone, le donne difficilmente raggiungono una indipendenza economica che le permette di autodeterminarsi. Non sono libere di viversi un rapporto sereno con i figli o a causa del fatto che passano involontariamente tutta la loro giornata in funzione della famiglia o al contrario perché, a causa del lavoro, non ve ne passano abbastanza. Come se ciò non bastasse, subiscono al contempo la pressione di reazionari di ogni sorta che difendono l’istituzione famiglia – eterosessuale e monogamica, la cosiddetta fantasiosa “famiglia naturale” – come mezzo per mantenere l’ordine nella società e spingere le donne a procreare, gridando infatti all’allarme per le statistiche calanti relative alla natalità.

Di fronte all’oppressione del capitalismo, caratterizzato dall’instabilità economica, lavorativa e affettiva e dalla reazione ideologica, rivendichiamo un’economia pianificata, la piena occupazione per tutte (e tutti ovviamente), la “esternalizzazione” (sociale) del lavoro di cura (riproduttivo) al di fuori della sfera domestica, come è stato fatto in Russia dopo la Rivoluzione del 1917, e dei rapporti di amore e di sesso non imposti. Rivendichiamo questo e molto altro, per essere finalmente libere di.

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