di NR
Le massicce mobilitazioni di Hong Kong, iniziate come opposizione ad un progetto di legge per estradare i suoi abitanti (oppositori) in Cina, sono cresciute incorporando rivendicazioni sociali come il diritto alla casa e miglioramenti nelle condizioni di vita. Rivendicazioni nei confronti delle autorità di Hong Kong e Cina. Manifestazioni impetuose e di massa entrano nel loro quarto (in questo momento quinto, n.d.r.) mese e l’esitazione della burocrazia cinese ad entrare nel territorio e reprimere i manifestanti (che sono praticamente al confine) è un colpo decisivo all’indipendenza politica e legale di Hong Kong come centro finanziario internazionale (il terzo dopo New York e Londra) in una vicenda chiave e insostituibile della restaurazione capitalista in Cina.
Hong Kong è un polo commerciale e finanziario. L’ Isola-Porto si trova alla fine del delta del Fiume delle Perle, che riunisce varie megalopoli, tra i più grandi centri industriali e commerciali della Cina, che guidano la crescita economica.
Il Partito Comunista Cinese (PCC) nel suo XIX congresso ha tracciato una tabella di marcia della restaurazione capitalista in Cina in cui la cosiddetta “Grande zona della Baia” (Guangdong) gioca un ruolo di leadership in tale processo. A tal fine è stato firmato un accordo di cooperazione e sviluppo tra nove Comuni e le “Regioni amministrative speciali di Hong Kong e Macao”. Questi Comuni insieme a Hong Kong e Macao hanno 70 milioni di abitanti e raccolgono il 12 % del prodotto cinese, è la zona più dinamica della Cina con città come Shenzhen, Guangdong, ecc. Sede di aziende come Alibaba e Tencent.
Il sostegno del governo cinese a questa integrazione ha portato a grandi investimenti per collegare Hong Kong e Macao con la città di Zhuhai in Cina. Un complesso di ponti, tunnel che passano per isole artificiali di 55 km di estensione, il più grande canale in mare aperto unente l’isola con la Cina, con un costo di 20 miliardi di dollari, che è stato recentemente inaugurato.
Le mobilitazioni contestano questi piani della burocrazia. Lo scopo della burocrazia cinese è quello di integrare una parte del territorio della Cina con Hong Kong e Macao, che giocano un ruolo chiave nell’integrazione commerciale e finanziaria con l’Occidente. Per questo è stato creato un “Ufficio di sviluppo dell’area della Grande Baia”, presieduto dal governatore di Hong Kong Carrie Lam. Ora al centro della tempesta scatenata a Hong Kong, che chiede le dimissioni del governatore. Un piano chiave del PCC, per collegare legalmente e commercialmente la regione al fine di facilitare la restaurazione capitalista delle grandi città cinesi, è ora contestato.
Le rivendicazioni sociali, tra cui quella di alloggi a prezzi non inaccessibili per la maggior parte degli abitanti, si alzano già come slogan più sentiti dalla popolazione. Hong Kong ha una delle più grandi bolle immobiliari del pianeta. I prezzi sono triplicati in dieci anni.
In piena guerra commerciale la burocrazia facilita maggiori investimenti stranieri. Il XIX Congresso del PCC ha anche approvato infatti una nuova legge sugli investimenti stranieri, per facilitare nuove aree per l’ingresso di capitali. Anche se i padroni si lamentano per alcune restrizioni, gli investimenti stranieri continuano ad andare avanti. Un recente titolo del Financial Times recita: “L’ investimento americano in Cina aumenta nonostante la guerra commerciale” (26/8). Tra questi Tesla apre un nuovo distretto a Shangai, primo distretto automotive straniero in Cina. “Le aziende con cui parliamo continuano a investire”, afferma il capo della camera di commercio degli Stati Uniti a Shangai.
Hong Kong è un centro finanziario e commerciale vitale per la Cina. La piccola isola è il terzo centro finanziario mondiale (dopo New York e Londra) e uno strumento imprescindibile per la struttura commerciale e finanziaria della Cina, in cui si converte il 75 % dello yuan in dollari per il commercio e gli investimenti all’estero.
Nel 2017-2018 la Cina ha ricevuto 125 miliardi di investimenti diretti, l’80 % è entrato da Hong Kong. Nel 2018, 354 aziende cinesi hanno debuttato in borsa, il 60 % lo ha fatto nella borsa di Hong Kong. Tutto questo a causa della solidità legislativa dell’isola che ora è a repentaglio per l’instabilità e un possibile intervento del governo cinese. Hong Kong è il condotto della Cina con i centri finanziari internazionali e i recenti scioperi, la chiusura degli aeroporti, le mobilitazioni e la repressione hanno danneggiato la sua immagine e frenato la sua espansione. Questo territorio è esente dalle barriere tariffarie di Trump e per questo si cerca di estendere il suo rapporto e il suo legame con la “grande zona della baia”. La crisi di Hong Kong isola la burocrazia del PCC.
Tutto ciò è ora messo a rischio dalla crisi aperta dalle mobilitazioni. Le minacce della burocrazia cinese di accedere al territorio di Hong Kong metterebbero in discussione tutti i privilegi di cui gode l’isola, il che limita la capacità di intervento del PCC in questa crisi.
La rappresentante del Partito Democratico degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, insieme ai senatori di entrambi i partiti USA, ha contestato il progetto di estradizione e sarebbe necessario rivalutare se Hong Kong sia “sufficientemente autonomo” nell’ambito del sistema “un paese due sistemi”. Diversi senatori USA hanno presentato un progetto di “legge sui diritti umani e la democrazia di Hong Kong”, che riafferma “l’impegno degli Stati Uniti per la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto in un momento in cui sono in discussione queste libertà e l’autonomia di Hong Kong “.
Le mobilitazioni si scontrano con il governo di Hong Kong e la burocrazia del PCC.
Ciò che non è in dubbio è che Hong Kong (e Macao) fa parte della Cina e che non ha alcuna autonomia, come dichiarano i manifestanti che chiedono le dimissioni del governatore. La libertà e l’autonomia di cui gode Hong Kong è quella per la libera circolazione del capitale. L’ isola rappresenta per l’imperialismo mondiale il legame commerciale e finanziario che serve a incentivare e realizzare lo sfruttamento del capitale in Cina e la restaurazione capitalista.
La crisi politica di legittimità che affronta il governatore di Hong Kong Carrie Lam, di cui i manifestanti chiedono le dimissioni, rappresenta una sfida al PCC che l’ha messa in quel ruolo, è stata la candidata del PCC e ad altri candidati può esser posto il veto dallo stesso PCC.
Dunque ci troviamo di fronte ad una crisi di legittimità del PCC a Hong Kong e ad una mobilitazione che mette in discussione la sua leadership, smascherandolo davanti alla stampa mondiale come un dittatore contro le masse mobilitate.