di RdB
In attesa di pubblicare analisi ben più approfondite su quanto accaduto nelle urne domenica e sugli scenari politici futuri in Europa ma soprattutto in Italia, di seguito una prima nota di commento innanzitutto per contrastare il trionfalismo, amplificato dai media della borghesia, con cui viene ammantata in queste ore la Lega, la quale giustamente, spacconate di Salvini a parte, festeggia ma non troppo.
Iniziamo dal dato sulla partecipazione elettorale. Il fatto che si sia recata alle urne praticamente la metà degli aventi diritto (56%), e quindi una minoranza della società, sembra passare in sordina per i grandi commentatori ed esperti. Come se questo dato non modificasse palesemente il quadro: tenendo conto della totalità degli aventi diritto, la Lega è ben al di sotto del 20%, meno di un quinto degli elettori (altro che “60 milioni di italiani sono con me”, celebre frase del capitano padano). Il PD e il M5S rappresenterebbero attorno al 10% dell’elettorato (clamoroso il fatto che il PD, il quale festeggia oggi la propria resurrezione, in termini di voti assoluti, e non di percentuali falsate, ha preso diverse decina di migliaia di voti in meno rispetto alle elezioni politiche dello scorso anno, quando veniva dichiarato un partito moribondo). E se è vero che l’astensione racchiude discorsi e motivazioni non omogenei politicamente, è altrettanto vero che mostra un quadro che è ad ogni modo di rifiuto dell’offerta politica in campo così come fa luce su rapporti di forza nella società ben diversi da quelli paventati dai politicanti borghesi.
Nonostante ciò, Salvini è stato costretto, avendo comunque ricevuto più voti degli altri, a continuare la sua opera di propaganda, anzi a rinfoltirla con altre mirabolanti promesse quali lo sforamento dei parametri europei (in primis quello del 3% sul rapporto deficit/PIL) e la ridiscussione degli accordi comunitari. Promesse che hanno lo stesso valore di quelle che riguardavano ad esempio l’uscita dell’Italia dalla moneta unica europea (si ricorderanno i tour elettorali percorsi con le felpe “NO euro”) appena la Lega sarebbe arrivata al governo.
Promesse farlocche, e incompatibili con la gabbia del sistema capitalista, come quelle del grande sconfitto di questa tornata elettorale, il Movimento 5 Stelle. L’essere passati da forza di opposizione a forza di governo, una serie di retromarce come su ILVA e TAP (a cui seguirà quella sulla TAV), l’aver partorito una misura come il “reddito di cittadinanza” che non è neanche lontanamente risolutivo nemmeno di una piccola parte dei problemi povertà e disoccupazione, tutto ciò ha troncato le gambe del consenso di cui il movimento grillino ha precedentemente goduto in particolare al centro-sud (dove ovviamente risiedono grandi masse di disoccupati).
Non migliore è certamente la situazione della sinistra. In tutta Europa crollano uno dopo l’altro i modelli radical della nuova sinistra riformista. In Inghilterra il Labour Party a guida Corbin non riesce ad approfittare del caos Brexit e arriva terzo con il 14%, dopo la destra nazionalista di Farage e i liberali. In Francia il mito di Potere al Popolo, l’ex ministro (nel governo borghese del Partito Socialista con primo ministro Jospin) Mélenchon, passa dal 20% delle ultime elezioni presidenziali francesi al 6%. Nello Stato Spagnolo, per un altro punto di riferimento dell’intero arco della sinistra italiana (da Fratoianni a Potere al Popolo, da De Magistris a Sinistra Anticapitalista), cioè Podemos, continua l’emorragia di consensi, consegnando tra l’altro il cosiddetto “voto di protesta” al populismo di destra, per non parlare della sconfitta, e quindi del fallimento, delle giunte municipali “alternative” o “ribelli” a Barcellona e Madrid. Infine, andiamo in Grecia, luogo simbolo dell’illusione riformista della cosiddetta “nuova” sinistra europea. Quell’Alexis Tsipras che aveva raccolto attorno a Syriza una larga fetta di consensi provenienti contemporaneamente dallo sgretolamento del partito socialista Pasok e dal maestoso ciclo di lotte contro l’austerità europea, dopo il clamoroso tradimento della volontà popolare espressasi con un fragoroso NO al referendum sul memorandum imposto dalla Troika (FMI, UE, BCE) nel 2015, e dopo anni di massacro sociale della propria popolazione (perseguendo esattamente quegli stessi dettami pro-austerity, con tagli e privatizzazioni), ha subito il sorpasso netto di Nea Demokratia (il centrodestra greco), e si prepara alla logica sconfitta nelle imminenti elezioni politiche greche. Nonostante lo sfacelo rappresentato da Tsipras e Syriza, alle elezioni europee in Italia la lista La Sinistra si è presentata in continuità e a difesa di quel modello (perdente) incassando una sonora quanto aspettata batosta nelle urne (1,7%). Che perfino alcuni dei gruppi maggioritari che si richiamano al trotskismo, il PCL (più “criticamente”) e Sinistra Anticapitalista (meno “criticamente”) abbiano dato indicazioni di voto per tale lista, dimostra solo quanto determinati schemi vengano riprodotti meccanicamente e senza una corretta analisi (il riferimento al “voto critico” di leniniana memoria, evidentemente non compreso nei suoi tratti essenziali, è completamente fuori contesto).
E dimostra, altresì, quanto sia necessaria ed urgente la costruzione di un’organizzazione della classe operaia, marxista e rivoluzionaria, che non faccia concessioni a qualsiasi (falsa) idea democratizzante di un’Europa sociale (incompatibile col sistema capitalista) ma lotti al contrario per gli Stati Uniti Socialisti d’Europa. Prospettiva Operaia si pone al servizio di tale costruzione.
L’analisi del voto è un copyright di quella del PC di Alternativa comunista (della Lit),tutta basata sui flussi di opinione scollegati dalle forme oggettive economiche dei processi di produzione e distribuzione del prodotto lordo e netto del capitalismo italiano: analisi ,dunque, epifenomenica e sovrastrutturale che non afferra le cause oggettive e le contraddizioni di fondo della crisi capitalistica attuale,a livello europeo e mondiale!
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