Le donne sono stufe di subire, siamo pronte a scioperare!

di DC

In tutto il mondo i diritti delle donne sono sotto attacco. In Argentina, Polonia, Spagna, viene contrastato il diritto all’aborto. In Italia l’azione lobbistica della Chiesa cattolica produce sempre più risultati devastanti grazie alla pressione esercitata sui medici, perché nell’esercizio della loro professione siano “obiettori di coscienza”. È sotto gli occhi di tutte: il governo Salvini/Di Maio è in prima linea nell’esercizio della violenza contro le donne in tutte le sue forme. A partire dall’oscurantista DDL Pillon, o dal decreto sicurezza razzista di Matteo Salvini che attacca le migranti e chi lotta per il lavoro e la casa, alla riforma sul congedo di maternità “facoltativo” fino al nono mese di gravidanza che espone le donne ad un maggiore rischio di ricatti, o alla cosiddetta “quota 100” i cui requisiti penalizzano le donne, per finire con le campagne ideologiche pro sacra famiglia e contro l’aborto. Il suo agire politico, la sua propaganda e i suoi disegni di legge rendono il governo Lega/5 Stelle un complice e un favoreggiatore dell’oppressione delle donne.

La compressione della spesa sociale e lo smantellamento del welfare determinano sempre di più un peggioramento delle condizioni di vita delle donne, impegnate non solo nelle attività produttive, ma anche in quelle riproduttive, occupandosi della nascita, della crescita, della sopravvivenza e dell’invecchiamento della classe lavoratrice (il cosiddetto “lavoro di cura”). I tagli alla spesa pubblica, vergognosamente spacciati come “sprechi”, hanno raggiunto il loro massimo negli anni posteriori alla crisi economica del 2008. Una crisi che attanaglia il mondo da oltre un decennio e che è la più grande crisi capitalista della storia, superiore a quella del ‘29 perché tocca l’intera economia mondiale. Una crisi di cui non si intravede alcuna fine. Questi tagli hanno permesso di racimolare risorse per pagare gli interessi sul debito pubblico italiano, per salvare le banche e le imprese dalla propria bancarotta. Ogni anno a novembre, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, assistiamo alla solita passerella politica e alle dichiarazioni di rito contro i femminicidi. E intanto i centri anti-violenza attivi si contano sulle dita di una mano, non hanno mezzi e chiudono! Gli vengono tagliati i fondi e vengono minacciati di sfratto o di sgombero nel quadro di una generale “necessità” di tenere sotto controllo il rapporto deficit/PIL. È il caso ad esempio della Casa Internazionale delle Donne di Roma a cui il Comune chiede un arretrato di oltre 800.000 euro sul canone di locazione. È il caso della Casa delle donne “Lucha y Siesta”, sempre a Roma, che rischia la chiusura a causa del piano di rientro finanziario che coinvolge gli immobili Atac. È il caso di tre centri anti-violenza di Napoli, che la giunta De Magistris ha chiuso lo scorso novembre per “mancanza di fondi”, mentre nel 2017 ha rinunciato ad un canone di fitto di quasi mezzo milione di euro per lo storico edificio che ospita la Caserma “Nino Bixio”, nel quadro di un progetto che permette l’apertura di una scuola di guerra europea per la formazione degli ufficiali. Sarà il caso di numerosi altri centri che subiranno le conseguenze dell’annunciato pacchetto di privatizzazioni e dismissioni del patrimonio immobiliare per 18 miliardi di euro. Offrire un posto dove stare, assistenza legale e sostegno psicologico a più di 500.000 donne non è uno spreco! È troppo poco!

Dobbiamo difendere i diritti conquistati e lottare per ottenere tutti quelli che non abbiamo ancora ottenuto. Dobbiamo rivendicare misure di difesa della donna da parte dello Stato, con il controllo però delle stesse donne sulla loro esecuzione e sulla loro efficacia, tramite lo strumento di un’organizzazione indipendente delle donne. Rivendichiamo la lotta, teorica e pratica, contro la violenza sulle donne. È necessario un programma politico capace di denunciare chiaramente i meccanismi strutturali e sovrastrutturali che sottendono agli attacchi che riceviamo ogni giorno. Contro la centralità delle banche e del capitale privato, abbiamo la necessità di rivendicare la centralità del mondo del lavoro, della pianificazione economica e dell’interesse pubblico e abbiamo la necessità come donne di organizzarci, di promuovere l’azione diretta e gli scioperi, non solo l’8 marzo. Per una lotta radicale in difesa dei diritti e degli interessi del 99% della popolazione mondiale, a partire dal coraggioso esempio della grande mobilitazione che vede da anni protagoniste noi donne e in particolar modo le lavoratrici in tutto il mondo!

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