di Jorge Altamira
L’espressione volgare di un funzionario del governo francese è servita a caratterizzare senza peli sulla lingua la decisione ufficiale di sospendere per sei mesi l’aumento dell’imposta sul carburante e di concedere un aumento del 3% al salario minimo: “Se (Macron) non si fosse abbassato i pantaloni per cedere una natica, sarebbe rimasto senza gambe” (Le Monde, 5/12). Una briciola. Un quadro d’insieme della crisi politica e persino dell’impossibilità dell’attuale gestione.
Sia come sia, la “ritirata” ufficiale non è stata accolta molto bene dai gilet gialli in mobilitazione, che hanno ratificato la decisione di marciare in massa sabato prossimo. I rappresentanti del movimento hanno boicottato anche l’incontro che il governo ha offerto loro, in opposizione a qualsiasi conciliazione: chiedono l’abbassamento di “tutte le tasse”, la formazione di una “assemblea dei cittadini” per controllare le misure fiscali, un aumento del “potere d’acquisto” della popolazione (in alcuni casi aumenti dei salari e delle assicurazioni per i disoccupati) e la fine della precarietà sociale (idem, 6/9). Le Monde sottolinea anche che “il governo guarda con preoccupazione all’inizio di un sommarsi del malcontento che finisce per trasformarsi in un fronte più ampio. Infatti, il blocco delle scuole superiori sta crescendo in tutta la Francia, in opposizione ad una legge che limita ulteriormente l’ammissione all’università, mentre i lavoratori delle ambulanze bloccano il centro di Parigi, chiedendo la sospensione della riforma (“aggiustamento”) del finanziamento del trasporto sanitario. “L’anno scorso”, dice uno studente, “abbiamo gridato la nostra rivendicazione nel vuoto, oggi non è più così.
Contraddizioni
La Federazione dei sindacati agricoli (FNSES), colpita dal calo dei prezzi dei prodotti agricoli, ha aderito alla ripresa dei blocchi e delle manifestazioni per il venerdì prossimo. La proposta mostra le contraddizioni dei settori sociali mobilitati, poiché un aumento dei prezzi agricoli va nella direzione opposta a una ricomposizione del potere d’acquisto degli altri; chiedono addirittura la cessazione delle promozioni dei supermercati per ottenere una maggiore partecipazione al prezzo finale a spese dei consumatori. La via d’uscita da questa contraddizione è aprire i libri contabili dei monopoli del commercio, compresa la loro nazionalizzazione, per porre fine all’abuso del capitale contro gli agricoltori e i consumatori.
La stessa contraddizione si manifesta con la richiesta di ridurre i contributi previdenziali dei datori di lavoro e di aumentare le pensioni; i grandi capitali, le grandi banche possono e devono contribuire di più. L’oggettiva eterogeneità del movimento non facilita, tuttavia, come si potrebbe supporre, il compito di concessioni e di pacificazione del governo, che è spinto, d’altra parte, dalla Commissione dell’Unione Europea, la leadership politica delle grandi imprese, a ridurre il deficit fiscale a spese dei lavoratori. C’è un capitalismo fallito che ha bisogno dell’aiuto dello Stato – come si può vedere, d’altra parte, nell’ondata di acquisizioni da parte del capitale cinese, finanziato dallo Stato della Repubblica Popolare. A questa macedonia sociale di contraddizioni si aggiunge quella politica, perché allo stesso tempo che i militanti della destra animano le mobilitazioni, in molti casi vengono espulsi dai manifestanti quando cercano di imporre i loro slogan e rivendicazioni. La pentola a pressione dello Stato francese non ha più la capacità di contenere l’esplosività delle sue contraddizioni e la miseria che ha accumulato. È la manifestazione dell’impasse del capitale alla luce del giorno.
Discredito
Il governo di Macron è completamente screditato. Contemporaneamente all’aumento delle imposte sui consumi, ha ridotto l’imposta sul patrimonio, con il pretesto, ormai poco originale, di “incentivare” gli investimenti, che, naturalmente, brillano per la loro assenza, dovuta alla crisi capitalistica. A causa della riduzione, l’imposta renderà nel 2018 poco più di un miliardo di euro, quando l’anno precedente aveva raccolto 4 miliardi (bel modo per combattere il deficit fiscale!) Alla richiesta di tornare al sistema di imposte precedente, ha risposto: “In nessun modo (….) non sia mai che si sollevino i ricchi e ci caccino fuori dal palazzo del governo”. Dietro la gozzoviglia fiscale per il capitale, tuttavia, c’è una realtà esplosiva: le società capitaliste, indebitate fino al collo, si trovano di fronte alla prospettiva del fallimento; lo Stato è dovuto venire in loro soccorso nel 2007/8, 2010 e 2012. “Faremo tutto il necessario”, fu la famosa frase di Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, per evitare i fallimenti.
Macron è su una corda tesa, e non è affatto vero che la destra vuole tagliarla. Il Fronte Nazionale ha partecipato a tutte le riunioni convocate dal governo per riconciliare una soluzione. La crisi è politica; diversi editorialisti dei giornali mettono in guardia contro la possibilità che la Quinta Repubblica – cioè il regime politico – possa alla fine cadere. La destra evita di essere associata allo scatenare questo collasso.
Non è la prima volta che la classe operaia ha affrontato un’esplosione sociale che ha come attori altri settori sociali. In molti casi, e quello della Francia di oggi è incluso, in parte, tra questi, sono ribellioni contro il capitale delle categorie inferiori del capitalismo. Ma proprio questa cosa le rende più esplosive, a scapito della loro consistenza. Il proletariato non può ignorarle senza pagare un prezzo molto alto, ma non si tratta nemmeno di spingerle o sostenerle dalle retrovie. Deve assumere la direzione verso una soluzione dell’intera crisi politica del regime sociale di cui è storicamente antagonista. Uno sciopero nazionale attivo di 36 ore, con un programma di rivendicazioni fondamentali e la richiesta di cacciare il governo, scioglierebbe il nodo di tutte le contraddizioni e aprirebbe la via d’uscita in Francia e su scala europea. La bandiera tricolore e “La Marsigliese” si accoderebbero alle bandiere rosse e alla” Internazionale”.