di Matias Villar
Lo scoppio della Seconda guerra mondiale aprì un enorme processo rivoluzionario in diverse regioni del mondo. In molti luoghi la guerra interimperialista si trasformò in guerra civile e di liberazione nazionale del movimento operaio e contadino contro le borghesie locali e i diversi imperialismi. Il Vietnam, geograficamente collocato tra giganti coloniali (Cina, Indonesia, India) conobbe una delle rivoluzioni più profonde dell’epoca.
La storia della sinistra mondiale (perfino quella trotskista), in generale, ha taciuto o sorvolato sia sul ruolo controrivoluzionario del Viet Minh di Ho Chi Minh in quel processo sia sul ruolo svolto dalle organizzazioni della Quarta Internazionale.
Il detonatore
Nel mese di Marzo del 1945 il Giappone compì un golpe che rimosse l’amministrazione coloniale francese. Fino ad allora l’occupazione giapponese era stata sostenuta sia dai funzionari del regime collaborazionista del maresciallo Petain, sia da Bao Dai, l’imperatore fantoccio dello Stato vietnamita. Ma la “liberazione di Parigi” e la proclamazione del governo provvisorio pro-Alleati del generale Charles De Gaulle nella metropoli francese (agosto 1944), congiunto al generale crollo delle forze dell’Asse, aveva contribuito a cambiare lo scenario politico. Dopo la rapida sconfitta dei francesi, il Giappone, che mantenne l’occupazione, concesse l’indipendenza all’Impero del Vietnam ed ai due regni di Laos e Cambogia, sotto la condizione che si allineassero come alleati militari.
L’imprevista capitolazione del Giappone, avvenuta il 15 Agosto, scatenò uno tsunami politico nelle regioni occupate dall’impero nipponico nel Pacifico. Le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki provocarono la sua resa incondizionata, seguite da tre mesi di una forte e solitaria resistenza agli attacchi degli Stati Uniti. A quell’epoca anche l’Unione Sovietica, dopo la Conferenza di Postdam, aveva dichiarato guerra e stava avanzando sulle regioni della Cina e della Corea.
La rivoluzione di Agosto
In Vietnam, oltre al caos amministrativo, si sommava una spaventosa carestia che devastò la popolazione del nord (Tonkin). La ritirata dei giapponesi produsse un vuoto di potere che incoraggiò una mobilitazione di massa per l’autodeterminazione nazionale e per la battaglia politica nella direzione rivoluzionaria.
La rivoluzione e la lotta per la libertà e l’indipendenza pulsò forte nei villaggi e nelle città, nelle risaie e nelle miniere, nelle fabbriche e nelle officine, da nord a sud del Vietnam. In questo contesto si ebbe la lotta politica delle classi e dei partiti antecedentemente alla possibilità che l’imperialismo francese, ora sotto De Gaulle, avesse ripreso la penisola.
I lavoratori di Saigon-Cholon, la regione più industrializzata del paese, furono i primi a formare Comitati Popolari e marciare in gruppi per le strade con le armi sequestrate ai giapponesi ed ai francesi od improvvisate da canne di bambù. Si costituirono più di 150 di suddetti comitati che rapidamente acquisirono caratteristiche sovietiche di doppio potere, assumendo il controllo amministrativo e politico dei quartieri. “Il distretto di Phu Nhuan, quello con la maggior concentrazione operaia, elesse il suo comitato popolare, proclamò l’abolizione completa del regime precedente e, a partire dalle 10 della mattina del 20 agosto, dichiarò che il comitato sarebbe stato considerato l’unico potere legale nel distretto”[1]. Parallelamente nelle campagne si occupavano le terre e le tenute feudali ed allo stesso tempo venivano arrestati (spesso fucilati) funzionari coloniali, autorità di polizia e dignitari accusati di essere “nemici del popolo”.
Nel nord del paese, i minatori Hòn Gai che lottavano contro i giapponesi, formarono una comune che diede impulso al controllo operaio delle miniere, delle ferrovie, tram e del telegrafo; si stabilì un equo principio di remunerazione della ricchezza; si sciolsero la polizia, i quartier generali e l’amministrazione coloniale ed infine si organizzò una forza di difesa operaia
I militanti della Quarta Internazionale furono parte attiva del processo rivoluzionario di Agosto. Dopo anni di persecuzioni ed incarcerazioni, i due gruppi trotskisti, la Lega Comunista Internazionale (LCI)[2] e La Lutte[3] avevano iniziato a riorganizzarsi: aprendo sedi, pubblicando giornali (talvolta quotidianamente) e conquistando influenza tra i lavoratori ed i Comitati Popolari. Lo fecero con autorità durante gli anni di lotta contro l’imperialismo attraverso esperti leader e militanti riconosciuti che parteciparono al processo contestando la direzione del movimento nei confronti dello stalinismo e del nazionalismo.
Le cronache segnalarono il caso della manifestazione del 21 Agosto, convocata dal “Fronte Nazionale Unificato”, che riunì variegati gruppi di nazionalisti e religiosi che avevano preso il controllo di Saigon. Circa duecento militanti della LCI riuscirono ad organizzare decine di migliaia di lavoratori dietro rivendicazioni rivoluzionarie (“abbasso l’imperialismo”, “terra ai contadini”, “nazionalizzazione e controllo operaio dell’industria”, “per un governo operaio e contadino) le quali spiccavano sugli striscioni e sulla bandiera della Quarta Internazionale. Lo stesso giorno si formò un Comitato Centrale provvisorio del Comitato del Popolo, con una guardia di lavoratori per l’area di Saigòn-Cholòn sotto la direzione del trotskista Tran Dinh Minh (conosciuto come Nguye Hai Au ed attivista del deposito dei tram di Go Yap)[4]. I Comitati Popolari avevano i loro antecedenti nei comitati d’azione formatisi dalla lotta operaia durante il decennio degli anni ’30, nei quali si erano messi in risalto i trotskisti. Il comitato votò un programma che caratterizzava la rivoluzione come anti-imperialista, segnalando l’incapacità della borghesia nazionale nel guidarla e chiedendo l’unità degli operai industriali e dei contadini nei comitati.
Da parte sua il Viet Minh (Lega per l’indipendenza del Vietnam, nel quale si era dissolto il Partito Comunista Indocinese) di Ho Chi Minh aveva costruito la sua base di lotta guerrigliera contro il Giappone al confine a nord con la Cina. Il 19 Agosto conquistò il Palazzo del Governo di Hanoi, la capitale vietnamita. Il 25 Agosto il Viet Minh promosse un golpe militare a Saigòn, occupando il municipio e le centrali di polizia. Una settimana più tardi, davanti ad una manifestazione di massa Ho Chi Minh proclamò la Repubblica Democratica del Vietnam attraverso un governo provvisorio che rappresentò i partiti borghesi nazionalisti e religiosi (Vnqdd, Hoa Hao, Cao Dai). In tal senso si fece un gran richiamo all’ordine nella costruzione di uno Stato borghese democratico e si proclamò come parte del blocco democratico alleato che aveva sconfitto il Giappone, con la speranza che essi (gli Alleati ndt) potessero avallare l’indipendenza vietnamita.
La controrivoluzione
Frenare la rivoluzione era una priorità tanto per l’imperialismo quanto per lo stalinismo, ognuno con le sue motivazioni. Soprattutto quando nella regione fiorirono enormi movimenti di lotta anti-coloniale (India, Indonesia, Cina). Nella conferenza di Postdam, Stalin si era accordato con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna sull’Indocina che sarebbe ritornata nelle mani dell’imperialismo francese cercando di ricostruire l’appoggio attraverso il partito comunista francese (PCF), integrato pienamente nel governo di De Gaulle. Nel frattempo, furono le truppe inglesi (nel sud) e cinesi (nel nord) ad incaricarsi del ripristino dell’ordine nel periodo di transizione.
Il programma del Viet Minh era subordinato a questo orientamento del Cremlino e cercò di evitare a tutti i costi l’emergenza di una rivoluzione sociale, pertanto si orientò su una lotta anti-imperialista. La proclamazione della Repubblica democratica del Vietnam e l’imbrigliamento del processo rivoluzionario provò a conquistare il placet dell’imperialismo americano nei confronti di un Vietnam autonomo che avrebbe rispettato l’ordine borghese e fondiario.
In questa direzione il Viet Minh condusse una politica controrivoluzionaria. Il governo provvisorio condannò l’occupazione delle terre e garantì la restituzione delle proprietà ai proprietari fondiari. “Coloro che incitano i contadini ad appropriarsi delle proprietà terriere saranno severamente puniti senza alcuna pietà. Tuttavia non abbiamo ancora compiuto la rivoluzione comunista che risolverà il problema agrario. Questo governo è il solo governo democratico. Pertanto, esso non è nelle condizioni di risolvere tale compito. Il nostro governo, ripeto, è un governo democratico borghese, anche se i comunisti sono quelli che stanno realmente al potere”[5].
Il 2 Settembre, prima dell’arrivo delle truppe britanniche a Saigòn che saranno poi accolti come liberatori dal Viet Minh, una grande manifestazione inondò le strade di Saigòn contro questo arrivo che fu duramente attaccato da mitragliatrici, provocando decine di morti e feriti. L’organizzazione trotskista La Lutte intervenne con una numeroso spezzone agguerrito.
La Lega Comunista Internazionale (LCI) dichiarò: “Noi comunisti internazionalisti non ci illudiamo che il governo del Viet Minh, mediante la sua politica di collaborazione di classe, sarà in grado di lottare contro l’invasione imperialista nei prossimi giorni. Tuttavia, se il governo si dichiara disposto a difendere l’indipendenza nazionale e a salvaguardare le libertà del popolo, non esiteremo ad assisterlo e sostenerlo con tutti i mezzi nella lotta rivoluzionaria. Ma, a tal fine, abbiamo il diritto di ribadire ancora una volta che manterremo rigorosamente la completa indipendenza del nostro partito dal governo degli altri partiti”.
La risposta del governo del Viet Minh fu la repressione. Il 6 Settembre organizzò una retata poliziesca contro la Centrale dei Comitati Popolari arrestando i delegati ed i dirigenti; mentre il 7 Settembre emise un decreto che sciolse tutte le organizzazioni non governative e segnalò “coloro che incitano il popolo alle armi e, soprattutto, alla lotta contro gli alleati che saranno condannati come provocatori e sabotatori”. Tutte le organizzazioni furono obbligate a consegnare le loro armi alla polizia con la sola eccezione della “Guardia Repubblicana” del Viet Minh. Tutto questo pochi giorni prima dello sbarco delle truppe alleate.
Lo sbarco, la politica del Viet Minh, la situazione dei trotskisti, le polemiche in Francia ed i dibattiti su questa profonda esperienza rivoluzionaria che ha preso luogo nella Quarta Internazionale saranno trattati nel prossimo articolo.
[1] Lu Sanh Hanh (1947): “Algunas etapas de la revolución en el sur de Vietnam”, Revolutionary History, Vol. 3 N° 2, 1990.
[2] La LCI si era ricostituita nell’Agosto del 1944 coi militanti del gruppo “Ottobre”, il quale aveva pubblicato giornali popolari e deteneva grande tradizione di lotta tra i lavoratori.
[3] Il gruppo La Lutte aveva come referente politico Ta Thu Thau, recentemente liberato da un campo di concentramento.
[4] Stephenson, R. (1972): Stalinismo versus Socialismo Revolucionario en Vietnam.
[5] Lu Sanh Hanh (1947), op. cit.
2 pensieri su “Trotskismo e Stalinismo nella rivoluzione vietnamita del 1945 (seconda parte)”