Dopo la prova di forza di Mattarella di domenica sera in merito alla nomina a ministro dell’economia di Paolo Savona, è arrivata puntuale la capitolazione dei populisti. Dopo aver gridato all’impeachment se non addirittura al golpe, con la coda tra le gambe sono tornati da Mattarella accettando come compromesso di spostare Savona in un altro incarico ministeriale. Il 28 maggio correttamente segnalavamo:
“I richiami all’impeachment che in queste ore fanno M5S e Fratelli d’Italia cosi come l’appello alla piazza in caso di governo tecnico sono privi di qualunque fondamento poiché l’unico modo per resistere alla continuità della politica economica imposta dal grande capitale è fare appello alle masse lavoratrici, a cui i “populisti” non si possono appellare né per ragioni tattiche (tentativo di riproposizione di una trattativa o di un compromesso con l’UE) né soprattutto per le ragioni sociali che difendono.”1
La capitolazione è figlia delle “ragioni sociali che difendono”, delle pressioni che entrambi i partiti hanno ricevuto da parte di quei settori della classe media che non possono ne vogliono rompere con l’Unione Europea e con l’Euro2. Non che lo vogliano M5S e Lega, i quali negli ultimi mesi avevano completamente cancellato dalla campagna elettorale la questione del ritorno alla lira e della rottura con l’Unione Europea. Tuttavia, queste due forze avevano costruito il loro “contratto di governo” sull’illusione di poter trovare un compromesso con l’Unione Europea ed in particolare con la BCE e per mezzo di esso trovare le risorse per realizzare le misure più popolari che avevano promesso: il reddito di cittadinanza e l’abolizione della riforma Fornero e l’abolizione del Jobs Act. Il gesto del presidente Mattarella ha avuto come scopo quello di rendere manifesto che non solo non è possibile alcun compromesso, ma neanche nessun tentativo. Tuttavia, lo stesso establishment è in un’impasse. I suoi partiti sono stati spazzati via e nell’impossibilità politica di riproporre un governo tecnico non resta altro che “irreggimentare” i sovranisti, ma infine permettergli di governare. La soluzione dello spostamento di Savona ad un altro incarico è l’immagine di questo compromesso tra le necessità economiche del grande capitale e le necessità di “governabilità” del paese. Il grande capitale è consapevole dei pericoli che l’Italia corre in una fase in cui si è già ridotto l’impegno da parte della BCE nell’acquistare i titoli di stato (Quantitative Easing) che a settembre terminerà del tutto. I sacrifici che saranno richiesti per compensare la fine del QE saranno enormi. La politica reale del governo Conte si scontrerà, sin da subito, contro l’impossibilità di qualunque manovra sostanziale che gli permetta di mantenere le proprie promesse. Il governo può trovare (poche) risorse per approvare misure economiche pressoché simboliche (tagli ai costi della politica) e misure poliziesche e xenofobe per reprimere lavoratori e migranti, tanto più nella consapevolezza di non poter realizzare la parte più importante del proprio programma. Tuttavia, nessuna di queste misure può salvare l’Italia da un prossimo default, il quale avrebbe l’effetto non solo di paralizzare l’economia e l’industria italiana ma soprattutto di far fare un salto di qualità alla crisi economia mondiale. Tanto più in questo quadro per il grande capitale è fondamentale che la “popolarità” dei sovranisti sia a disposizione della continuità dell’austerità. Sempre il 28 maggio affermavamo:
Fra i capi sovranisti e le masse illuse si aprirà una crisi. Dobbiamo saper cogliere questo momento per spiegare il significato di ciò che disse Grillo alcuni anni fa: “ci devono ringraziare perché noi siamo l’ultimo argine ai fucili” Grillo chiedeva ai “poteri forti” il premio per la manipolazione parlamentarista delle masse3.
Gli eventi di questi giorni hanno confermato pienamente l’analisi sulla tendenza dei sovranisti al compromesso. Al pronostico sulla rottura tra i sovranisti e le masse aggiungiamo: la gravità della crisi economica e le sue conseguenze sul terreno politico faranno in modo che questo governo non termini la legislatura. L’implosione certa del consenso iniziale di questo governo è un enorme opportunità per la sinistra di classe. Tuttavia, lo è anche per i fascisti che capitalizzerebbero la frustrazione della piccola borghesia tradita per l’ennesima volta. In questo contesto è fondamentale e urgente che la sinistra di classe operi quanto prima possibile per un’iniziativa indipendente della classe operaia basata sui seguenti punti:
– salario ai disoccupati di 1000 euro non legato a nessun “lavoro sociale” o proposta di lavoro
– abolizione della riforma Fornero; pensione ai 60 anni di età o 35 di contributi
– abolizione del Jobs Act e di tutte le forme di lavoro precario
– rifiuto di pagamento del debito pubblico
– nazionalizzazione del sistema bancario (tranne per i piccoli azionisti) senza indennizzo e sotto controllo operaio e popolare
– rottura unilaterale con i trattati dell’Unione Europea
– assemblea costituente europea eletta a suffragio universale (e non per stati) e col sistema proporzionale puro
– per la dittatura del proletariato rivoluzionario; per gli Stati Uniti Socialisti d’Europa da Lisbona a Vladivostok
1-Prospettiva Operaia, 28/05/2018
2-Corriere della Sera, 28/05/2018
3-Prospettiva Operaia, 28/05/2018